Dalla teoria alla pratica

Roma, 21 settembre 2017 - Presupposti di una reale integrazione sono la volontà di integrarsi e la disponibilità ad aderire ai valori che caratterizzano la cultura ‘ospite’. Per capire se e in che misura i due milione e mezzo di musulmani residenti in Italia, e la moltitudine di loro correligionari irregolarmente presenti nel nostro Paese, siano effettivamente ‘integrabili’ abbiamo commissionato all’Ipr marketing un sondaggio. Giunti oggi alla terza puntata, prendiamo atto che tra la teoria dell’integrazione e la sua pratica c’è un abisso. Abisso su cui la politica, la Chiesa e le ong farebbero bene a riflettere. Un musulmano su tre dichiara di non volersi integrare, due su tre hanno relazioni sociali solo all’interno della propria comunità, più della metà ha una scarsa conoscenza della lingua italiana. E ancora: la metà dei musulmani che vive in Italia ritiene che le donne debbano portare il velo, il 41% che non debbano studiare, il 25% non vorrebbe neanche che guidassero l’automobile.

Se a ciò si aggiunge che meno della metà dei musulmani è favorevole alla separazione tra Stato e Chiesa, mentre uno su quattro considera giuste le ragioni dei terroristi islamici (anche se condanna l’uso delle armi) e il 33% vorrebbe che l’Islam «conquistasse» l’Occidente, si capisce che abbiamo un problema. Problema serio, perché normalmente nei sondaggi ciascuno tempera le proprie opinioni più estreme e perché a essere censiti non sono stati i musulmani appena sbarcati nel Belpaese, ma quelli residenti in Italia da anni. Teoricamente, i già integrati. Con tutta evidenza, dunque, la discussione in atto sullo ius soli ha valore più simbolico che altro, tanto è evidente a tutti che ridurre i tempi del riconoscimento della cittadinanza italiana ai figli degli immigrati non servirà a renderne più concreta l’integrazione. Occorrono lavoro, istruzione, corsi di lingua italiana, test di cittadinanza, premi così come sanzioni e mediatori culturali formati ad hoc. Condizioni oggi inesistenti. Non basta, dunque, innestare la bandiera dello ius soli per ritenere di aver fatto passi avanti lungo la strada della civiltà. Non basta fare di tutti i migranti un fascio per ritenere che le diverse etnie siano assimilabili in egual misura.