Giovedì 18 Aprile 2024

Giornali e 5 stelle, il seme dell'odio

Invano, nella giornata di ieri, abbiamo sperato che il capo politico del Movimento Cinque Stelle – nonché vicepresidente del Consiglio – Luigi Di Maio prendesse le distanze da quanto scritto nel blog romano del suo partito, e cioè che il lavoro di noi giornalisti serve per rimuovere la merda dei cani. Si dirà che di sciocchezze sui social se ne scrivono tante, ed è vero. Ma a Di Maio abbiamo chiesto di intervenire, e quindi speravamo in un suo cenno. Non c’è stato. Di Maio non è intervenuto (e non era tenuto a farlo) e non ci ha risposto (e la buona educazione avrebbe suggerito di farlo): come purtroppo non ha mai risposto anche in tutte le altre occasioni in cui lo abbiamo contattato. Intendiamoci: è liberissimo di comportarsi così. E nessuno di noi attribuisce a lui le frasi sulla merda dei cani.

Però. Però due cose: 1) il capo di un partito, se non ha la responsabilità di quello che dicono i suoi militanti, perlomeno ha il dovere di intervenire quando si oltrepassa il segno; 2) se alcuni militanti del M5S si esprimono così, è perché quello è il linguaggio che hanno respirato nel movimento e imparato dai suoi leader. Sono anni che i pentastellati – quando ancora venivano chiamati grillini – vomitano sui giornali e sui giornalisti un’infinità di insulti e di menzogne (ad esempio facendo credere che i giornali godano di finanziamenti pubblici in realtà riservati agli ormai inesistenti quotidiani di partito, o a quelli delle cooperative).

Lo stesso hanno fatto sistematicamente contro tutti i politici, fatti passare per una banda di ladri e di corrotti. In queste pagine ricordiamo solo alcune delle aggressioni che hanno scandito questi anni, dai Vaffa Day in poi. Loro dicono che li abbiamo trattati male: ma la verità è che hanno cominciato loro a seminare odio. Ai lettori vorrei dire che so benissimo quanto siamo impopolari noi giornalisti, e quanto sia redditizio – per chi è a caccia di voti – aizzare il fuoco su di noi. Ma vorrei anche ricordare chi è stato, nella storia d’Italia, a capire che per spazzare via la democrazia bisognava silenziare i giornali e sciogliere i partiti.