Mercoledì 17 Aprile 2024

Le regole che mancano

Viviamo in un’epoca di incertezza politica, economica e sociale. Crescono, dunque, le paure e cresce di conseguenza il bisogno di protezione. Ma quando un uomo di governo prova a dare risposte concrete a questa domanda, subito si leva il coro delle anime belle che l’accusano di egoismo. È accaduto con Minniti sull’immigrazione, sta accadendo con Trump su politiche fiscali e dazi doganali. Al World economic forum di Davos, ieri, il coro ha toccato acuti inusitati: «Dagli a Trump il protezionista». Ma non era forse protezionismo quello della Francia che, inneggiando al «patriottismo economico», si attribuì il potere di bloccare le acquisizioni straniere? E non è protezionistica la pretesa tedesca di violare i limiti europei al commercio estero facendo così l’interesse delle proprie aziende e penalizzando quelle dei partner? Tutti sono criticabili, anche Trump. Ma il moralismo non aiuta a capire. Sulle tasse, il presidente americano ha il diritto di fare quel che vuole e il rientro, tra gli altri, dei capitali di Apple gli sta dando ragione. Sui dazi è possibile che il suo si riveli un calcolo miope. Ma l’alternativa al protezionismo non è il moralismo: sono le regole. Quelle regole che nessuno pensò di imporre alla Cina quando lo sciagurato Clinton gli spalancò le porte dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Sottraendo il cambio della propria moneta alle valutazioni dei mercati e negando i diritti dei lavoratori la Cina fa concorrenza sleale all’Occidente. Perciò, delle due l’una: o si ha la forza di resuscitare un G8 che dia regole eque e certe a una globalizzazione sfrenata, oppure libero ciascuno di fare per sé. Anche se si chiama Donald Trump.