Giovedì 17 Luglio 2025
PIERO FACHIN
Editoriale e Commento

L’uomo risolva un problema creato dall’uomo

Da 70 si sa che l’aumento di anidride carbonica e quello delle temperature sono collegati in un rapporto di causa-effetto, ma non siamo stati capaci di far nulla per invertire la tendenza

Il blocco della circolazione delle auto diesel Euro 5 è motivato dalla volontà di ridurre l'inquinamento ambientale

Il blocco della circolazione delle auto diesel Euro 5 è motivato dalla volontà di ridurre l'inquinamento ambientale

Con buona pace dei più convinti negazionisti, dei ciarlatani e dei burloni, esiste un grafico (una scocciatura, la realtà) che la maggior parte degli scienziati considera una pietra miliare della ricerca sul clima. Si chiama curva di Keeling e la sua forma, quasi per farci un dispetto, è quella di una parabola che - dalla parte che punta al futuro - sale all’infinito e ogni anno si inclina di più, fin quasi a diventare verticale. Evidenzia la quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera dell’unico pianeta al momento a nostra disposizione, la Terra.

La curva, e le rilevazioni alla sua base, furono messe a punto da Charles David Keeling, un chimico americano il cui nome a quasi tutti noi dice nulla. Fu il primo ad ipotizzare che l’aumento di anidride carbonica e quello delle temperature fossero collegati in un rapporto di causa-effetto, conseguenza diretta e misurabile delle attività dell’uomo.

Settant’anni dopo quelle ipotesi sono una certezza. Ma in 70 anni non siamo stati capaci di far nulla per invertire la tendenza, o per rallentarla. Così, goffamente, ogni volta ci concentriamo sui picchi di temperatura, quando il tema è la temperatura media, che si sta alzando rapidamente.

Rimediare, probabilmente, sarebbe ancora possibile, anche se alcuni rappresentanti della comunità scientifica mondiale sostengono che il punto di non ritorno sia molto prossimo. Il problema, però, è che ci accontentiamo dei provvedimenti senza respiro, senza visione. Così, per dire, impegniamo quindici o più anni di feroci confronti per decidere di (non) sostituire i motori a scoppio, passando a tecnologie meno impattanti, quando in realtà sarebbe da mettere in discussione l’intero modello di trasporto di uomini e merci, puntando sui mezzi collettivi. E questo a maggior ragione vale anche per la produzione di energia e per l’industria pesante, le due principali “fabbriche” di gas serra.