I candidati hanno fatto la differenza

L'errore strutturale di Lega e Fd'I

I candidati di centrosinistra vincono al primo turno a Milano, Bologna e Napoli. A Roma e a Torino vanno al ballottaggio da favoriti (sì, anche a Roma, dove pure Michetti è primo). I due seggi in palio a Siena e a Roma Primavalle sono stati assegnati al centrosinistra: il segretario del Pd, Enrico Letta, torna così in parlamento. Al centrodestra restano la Calabria e forse Trieste. È un risultato complessivo inequivocabile: il centrosinistra ha vinto, il centrodestra ha perso. Nettamente. E questo è avvenuto in un momento in cui tutti i sondaggi nazionali danno il centrodestra maggioranza nel Paese.

Il motivo di questo apparente paradosso lo abbiamo scritto nei giorni scorsi: il centrodestra (ma meglio sarebbe dire la destra: perché è di Lega e Fratelli d’Italia, egemoni nella coalizione, che stiamo parlando) sono formidabili nel raccogliere consensi ma non hanno saputo (con alcune eccezioni, di cui parleremo più avanti) formare una squadra di amministratori.

Ieri Matteo Salvini – riconoscendo lealmente e onestamente la sconfitta – ha detto che il centrodestra ha sbagliato nel presentare i propri candidati in ritardo. È vero solo in parte. Nel senso che è vero che li hanno presentati in ritardo: ma quei candidati avrebbero perso anche se fossero stati scelti prima, perché erano deboli, debolissimi. Anche brave persone, ma non in grado di competere con candidati che avevano una lunga esperienza amministrativa. Il centrodestra ha scelto i candidati in ritardo perché si è ostinato a scegliere fra i civici e non riusciva a trovare nessuno. I candidati deboli della destra non sono un fatto contingente di queste elezioni: sono un fatto strutturale. Il problema della destra è la sua classe dirigente: lo si vede anche in parlamento, lo si è visto nel governo gialloverde.

Dicevamo che ci sono alcune eccezioni. Riguardano soprattutto la Lega. Giorgetti è sicuramente un ministro di alto livello, così come Zaia e altri governatori o sindaci del Nord sono ottimi amministratori. Ma stiamo parlando di una Lega che discende da quella originaria, quella federalista, quella di Bossi. Salvini è stato fenomenale nel portare il partito a percentuali mai viste né immaginate prima: ma deve riflettere sulla qualità della sua squadra. Non basta essere i più bravi sui social, bisogna anche convincere, attrarre una classe dirigente di prima scelta. Dice, Salvini, che hanno perso un po’ tutti, perché la metà degli italiani non è andata a votare. Vero. Ma visti i risultati (il centrodestra che non va neanche al ballottaggio a Milano è una cosa dell’altro mondo) è fondato il sospetto che la maggior parte degli assenteisti sia costituita da elettori, appunto, di Salvini e Meloni.

Quanto al centrosinistra, ora festeggia. Ne ha motivo. Ma commetterebbe un errore tragico se si illudesse di essere maggioranza nel Paese. Enrico Letta dice che ha deciso di accettare la guida del Pd anche perché è convinto che il vento stia cambiando, e l’onda di destra calando. Non sappiamo se è così. Di certo la destra deve decidere da che parte stare: se continua a stare su posizioni sovraniste e anti-europeiste, sarà difficile vederla al governo.