In morte del 'Doge', la Repubblica del rimpianto

Sono passati tre giorni, ma vorrei tornare sulla scomparsa di Gianni De Michelis. Perché la sua parabola umana e la considerazione di cui egli ha goduto da vivo e da morto, ci dicono molto su come siamo fatti noi italiani: pronti a esaltare il potente quando è in sella, poi a sputargli addosso quando viene disarcionato, infine a rivalutarlo e a rimpiangerlo post mortem. Gianni De Michelis fu, nella stagione d’oro dei garofani, ‘il Doge’; quando cadde in disgrazia per storie di donne e quattrini (raramente le due cose non vanno di pari passo) diventò un "avanzo di balera"; poi finì nel dimenticatoio, dal quale è riemerso ora per la consueta beatificazione.

La narrazione su De Michelis è quindi innanzitutto una sorta di autobiografia della nazione, perché ci ricorda il conformismo, la faciloneria e l’emotività di noi italiani. Quello che è capitato a De Michelis – riepilogo: prima esaltato, poi deriso e vilipeso, infine riabilitato – è capitato a molti, se non quasi tutti, i nostri potenti. Da Mussolini (quelli che "ha fatto anche cose buone") a Craxi, dalla Dc perfino a Berlusconi, rivalutato di recente da più di un esponente della cosiddetta intellighenzia di sinistra, la quale ora lo considera – se paragonato a Salvini – una sorta di Cavour (e chissà che un giorno non si arrivi alla nostalgia di un Di Maio). Insomma siamo un popolo che prima si affolla in piazza Venezia, poi a piazzale Loreto, infine a Predappio per le commemorazioni.

Ma è probabile che, nel caso di De Michelis, ci sia qualcosa in più, rispetto a questo copione di conformismo. Può darsi che ci sia in tutti noi, nascosta ma neanche tanto, e non del tutto immotivata, una certa nostalgia di quella Prima Repubblica che sotterrammo a colpi di monetine, di manette, di fiaccolate e di referendum, e che ci appare oggi – al cospetto della Seconda e soprattutto di questa Terza – una sorta di età dell’oro. 

Non lo fu, un’età dell’oro. Ma se pensiamo non dico a un De Gasperi, ma anche ad Andreotti, Craxi, Moro, Berlinguer, Almirante e insomma a tutti i politici di allora, un po’ di nostalgia viene davvero, e non è soltanto per illudersi di aver trent’anni in meno.