Quarantadue anni fa, il giorno dopo aver superato l’esame di maturità, ricevetti due proposte di lavoro. La prima da una banca, che voleva fare di me un impiegato; la seconda dal Comune di Monza, che vedeva invece, in me, un becchino. Più precisamente, avrei dovuto aiutare quelli delle pompe funebri a calare nelle fosse le bare, per poi coprirle di terra dopo il requiem.
Rinunciai a entrambe le offerte, con particolare dispiacere per la seconda, decisamente più intrigante e perfino foriera di un possibile premio eterno, visto che seppellire i morti è una delle sette opere di misericordia corporale. Rinunciai perché avevo in mente di fare il giornalista, e per quella meta ero disposto ad affrontare il rischio di un fallimento: non quello, però, di restare disoccupato, perché erano anni in cui un posto sicuro, prima o poi, lo si trovava anche senza cercarlo. Mi fosse andata male come giornalista, come minimo sarei tornato appunto al camposanto, per occupare un posto con un qualche anticipo rispetto a quell’altro posto in cui, prima o poi, tutti siamo condannati a finire.
Qual è la differenza con i "maturi" di questi giorni? Semplice: a nessuno di loro sarà squillato il telefono per una proposta di lavoro. Perché c’è la crisi, d’accordo. Però è anche vero che ben pochi avrebbero in mente di andar subito a lavorare. È di questi giorni il dato sui neolaureati: quasi il 70 per cento è figlio di non laureati, e questo sembra smentire il luogo comune secondo il quale questa è la prima generazione più povera della precedente. Tuttavia, è vero che un ragazzo dei nostri tempi fa molta più fatica, rispetto ai padri e alle madri, a costruirsi un futuro.
Ma è solo per via della crisi? O anche perché si "deve" a tutti i costi diventare dottori? L’Università italiana offre oggi 4.854 corsi di laurea, in gran parte inutili. Mentre più nessuno fa il perito, o l’artigiano, o molti altri mestieri sui quali i nostri padri costruirono la loro e la nostra fortuna, e che oggi sono disprezzati e praticati solo da immigrati che accusiamo di "portarci via il lavoro". Se poi arrivasse una telefonata dal Comune con la proposta di occuparsi di cadaveri, tutti penserebbero a uno scherzo.