Venerdì 19 Aprile 2024

Di Maio a Salvini. Io non rompo, dai rompi tu

Di Maio e Salvini (Imagoeconomia)

Di Maio e Salvini (Imagoeconomia)

Non si infierisce mai sui vinti, e quindi neanche su Luigi Di Maio, nonostante lui non abbia avuto lo stesso riguardo con chi perse le elezioni precedenti. Lasciamo quindi perdere la totale mancanza di autocritica mostrata dal capo politico del M5S, che per giustificare la Waterloo ha tirato in ballo l’astensionismo come un allenatore sconfitto tira in ballo l’arbitro. È già abbastanza grottesco che abbia detto "nessuno, nel Movimento, ha chiesto le mie dimissioni", come se un capo che dimezza i voti nel giro di pochi mesi (mentre il suo rivale – perché in queste elezioni Salvini era il suo vero rivale – li raddoppia) non debba avere la sensibilità e la dignità di presentarle sua sponte, le dimissioni. Ma lasciamo perdere, appunto. E veniamo al succo del "discorso della sconfitta" pronunciato ieri dal vicepremier e ministro del lavoro. Apparentemente, è stata una rassicurazione sulla continuità di governo. Di Maio ha detto che questo voto spronerà lui e il Movimento a realizzare con ancora più rapidità ed efficacia i punti previsti dal contratto di governo con la Lega. Ma siccome Di Maio ha qualcosa di democristiano dentro (il che è tutt’altro che un’offesa, sia chiaro), quelli che capiscono i sofismi della politica insinuano che egli abbia parlato alla nuora affinché la suocera intendesse. E cioè che Di Maio abbia lanciato alla Lega messaggi che somigliano molto a minacce. Ad esempio, quando ha detto che il Movimento frenerà "gli estremismi"; o quando ha chiarito che il dossier sulla Tav è nelle mani di Conte, le quali non sono propriamente quelle di un Sì Tav. Insomma il dubbio è che Di Maio voglia arrivare a cercare, il più presto possibile, l’incidente che spinga la Lega a fare il passo che il M5S non vuol fare, e cioè a far cadere il governo. Ammesso che tutto questo accada, non sappiamo se basterà a salvare a Di Maio il posto e la carriera. Potrebbe però servire a tentare una nuova alleanza di governo "di sinistra", per fronteggiare una coalizione "di destra" che alle urne risulterebbe vincente. Sarebbe, per il Movimento Cinque Stelle, un’altra prova di rinnovamento. O, se si vogliono chiamare le cose con il proprio nome, di trasformismo.