Mercoledì 24 Aprile 2024

Gli italiani e i soldi. Noi, felici e contanti

Nel 2013 Beppe Grillo, durante i comizi della sua trionfale campagna elettorale, rivendicava spesso il fatto di girare l’Italia grazie ai beni materiali che gli venivano regalati dai sostenitori e che lui scambiava con altri beni: con i salami pagava la benzina, con il vino la camera d’albergo e così via. «Basta con il vile denaro, torniamo al baratto», diceva, «viva la decrescita felice!». E ora, poiché come diceva Churchill (mi pare) si parte incendiari per finire pompieri, il suo Movimento - ormai divenuto forza di potere - vuole convertire tutti gli italiani nientemeno che alle transazioni elettroniche, durante le quali il denaro non si vede come ai tempi del baratto, ma circola eccome: lasciando, per giunta, tracce sempre riconoscibili dallo Stato esattore. Il nuovo governo M5S-Pd non solo non ha alcuna intenzione di tornare al baratto, ma vuole pure far sparire l’uso dei vecchi contanti. L’iniziativa è lodevole: infatti a causa dei pagamenti in contanti si calcola che vengano a mancare al Fisco ventiquattro miliardi all’anno.

Ma a che punto siamo, noi italiani, con i pagamenti digitali? L’altra sera a Porta a Porta hanno proiettato due servizi: uno realizzato in Cina, dove pare non circoli più banconota e neppure moneta (anche i bambini vanno a comprare il gelato pagando con un’applicazione sul cellulare) e uno realizzato nei mercati italiani, nei quali pure l’ormai vetusto bancomat è ancora fantascienza. E così ha verificato anche il nostro Giovanni Rossi facendo, ieri, un semplice giro per Roma: perfino i valori bollati e spesso i biglietti della lotteria - cioè soldi che entrano nelle casse dello Stato - vengono pagati solo con i vecchi contanti. Lo leggete nel servizio in questa pagina.

D’altra parte i dati sono chiarissimi. Uno studio della BCE certifica che in Europa, su 27 Paesi, siamo al 23° posto per uso di carte di credito o similari. Si calcola che la media sia di 65 pagamenti elettronici all’anno pro capite. E se andiamo avanti così presto retrocederemo: noi infatti siamo migliorati, nel 2018, del 16 per cento sull’anno precedente: ma chi sta dietro a noi viaggia più veloce (Romania più 39, Grecia più 27, Bulgaria più 26). Questi insomma sono i conti per il governo Conte.