Sporcarsi le mani

"Ma chi te lo fa fare?". Nelle ultime ore è stata questa la domanda più frequente che mi sono sentito rivolgere da amici, colleghi e interlocutori per così dire istituzionali. Domanda sensata. Perché abbandonare un porto sicuro e avventurarsi in mare aperto nel momento della tempesta? Perché accantonare il mestiere di una vita per ripartire da zero in un contesto se possibile ancora più complesso e precario? Escludendo il masochismo, una spiegazione forse c’è. Ma cominciamo dall’inizio, cominciamo dalla notizia. La notizia è che lascerò la direzione del Quotidiano nazionale e del Resto del Carlino. Sono passati tre anni e mezzo da quando il cavalier Andrea Riffeser Monti, il nostro editore, mi convocò alla tenuta della Bagnaia per offrirmi l’incarico di direttore. Non me l’aspettavo, rimasi a bocca aperta. Cominciò allora un’esperienza straordinaria. Faticosa, ma straordinaria. Ho trovato colleghi splendidi, che per amor proprio, passione professionale, attaccamento alla propria terra si sono caricati in spalla pesi enormi e con essi la reputazione e la nobile storia del loro giornale.

Insieme, ci siamo tolti diverse soddisfazioni. Abbiamo esultato per i tanti scoop, abbiamo combattuto tante battaglie civili e culturali, abbiamo denunciato tante malefatte nei nostri Comuni e nel Paese, abbiamo fatto del Quotidiano nazionale il giornale più venduto in edicola. E l’abbiamo fatto senza mai cedere al conformismo, all’ipocrisia, al politicamente corretto. Men che meno ai diktat dei partiti o di interessi organizzati più o meno avvezzi a un’informazione addomesticata. Soprattutto, abbiamo avuto la percezione di fare qualcosa di utile e di trovarci giorno dopo giorno in buona compagnia: sempre al fianco dei nostri lettori e più in generale di tutti coloro che, lettori o meno, vivono nei nostri territori. Difficile sentirsi soli. Difficile non trovare un senso a tanta fatica quotidiana. Fin qui, le certezze del passato. Quanto al futuro, è incerto per definizione. Di sicuro c’è solo che ho accettato una candidatura alle prossime elezioni politiche.

Quel che verrà dopo è nel grembo degli dei. Chi me l’ha fatto fare? Scelte di vita così radicali non hanno mai una sola spiegazione. La principale, nel mio caso, è stata la voglia, o per meglio dire l’urgenza di contribuire al tentativo di raddrizzare il legno storto di questa nostra amata e odiata Italia. Una scelta di pancia, la testa suggeriva altro. Suggeriva, la testa, di tenersi lontano da un ceto politico al minimo della popolarità e al massimo dell’impotenza. Non durerà e comunque finirà male, diceva la ragione. Può essere. Ma non è per questo più rispettabile la posizione di chi incolpa i politici di ogni male e quando ne ha l’occasione si sottrae all’impegno preferendo conservare le mani pulite. Siamo in gioco, giocheremo. E giocando ci sporcheremo le mani. All’Editore e ai suoi familiari vanno i miei più sinceri ringraziamenti per la fiducia, per la libertà e per la pazienza che mi hanno riservato. Merce rara, oggigiorno, nei giornali. A Paolo Giacomin, che prenderà il mio posto, un in bocca al lupo espresso con la certezza che saprà tenere alta la reputazione e la tradizionale indipendenza delle nostre gloriose testate.