La giustizia, Amanda e noi

Per molti Amanda Knox è un personaggio simile alla Sharon Stone di Basic Instinct: bella, ambigua, seducente, grande attrice e naturalmente colpevole. Per la giustizia italiana, però, è innocente. È una che l’ha fatta franca? Solo l’Onnipotente conosce la verità. Gli uomini hanno il dovere di fermarsi ai tribunali, i soli strumenti di cui disponiamo per regolare i nostri conti quaggiù.  Ieri Amanda ha parlato a Modena, al festival della giustizia, e personalmente non lo trovo opportuno, visto il dolore e i dubbi che ancora aleggiano. Però, su quel che ha detto abbiamo il dovere di riflettere in modo distaccato, e pure il dovere di farci un esame di coscienza. Parlo di noi giornalisti in primo luogo.

Amanda ha detto che negli Stati Uniti i media sono i primi controllori del potere; i primi a fare le pulci al potere; i primi cani da guardia del popolo. Forse, anzi senz’altro, c’è della retorica: ma gli Usa sono pur sempre il Paese in cui un giornale fece dimettere un presidente smontando le verità ufficiali di un piccolo e apparentemente insignificante processo. In Italia, ha detto invece Amanda, i media hanno assecondato acriticamente tutti i passaggi dell’inchiesta condotta contro di lei, un’inchiesta che obiettivamente non fu impeccabile. E in questo Amanda ha ragione. Paradossalmente, avrebbe ragione anche se fosse colpevole: o meglio, lancerebbe una provocazione salutare anche se fosse colpevole.

Da sempre, o almeno da molto tempo a questa parte, la stragrande maggioranza di noi giornalisti sta dalla parte dell’accusa e non della difesa, perché pensiamo che il pm lavora per lo Stato (e non per un privato come l’avvocato difensore) e quindi sia sempre in buona fede. Il che sarà anche vero, ma in buona fede si può anche sbagliare. E c’è poi un altro motivo meno innocente per cui i cronisti giudiziari stanno sempre dalla parte dei pm: è che con i pm si relazionano ogni giorno, le procure insomma sono un po’ il loro pane quotidiano. Non importa se Amanda sia simpatica o no: Enzo Tortora venne condannato perché stava antipatico ai giornalisti, e fu una delle pagine più nere della nostra storia. Importa quel che è vero o non è vero.