Vendetta Cina: boicottate i brand occidentali

Pechino sotto accusa per le condizioni degli uiguri nei campi di cotone. La replica: "Nike, Adidas e H&M ci attaccano ma fanno profitti qui"

Migration

di Elena Comelli

È scattata l’offensiva di Pechino contro i marchi occidentali, con un appello al boicottaggio su tutti i media ufficiali, a pochi giorni dalla decisione dell’Unione Europea, in accordo con Stati Uniti, Canada e Regno Unito, di sanzionare per violazioni dei diritti umani quattro dirigenti della Repubblica Popolare coinvolti nelle detenzioni di massa di uiguri nella provincia dello Xinjiang. Il ministero degli Esteri cinese, che nega le violazioni dei diritti umani nella regione, ha reagito con le proprie misure contro gruppi e parlamentari dell’Ue, rischiando di far naufragare la ratifica da parte di Bruxelles di un accordo commerciale Ue-Cina concordato lo scorso anno. Pechino ha anche invitato i consumatori cinesi a "sostenere il cotone dello Xinjiang". Le prime critiche contro aziende occidentali sono arrivate ieri dalla Cctv, secondo la quale i cinesi avrebbero "boicottato le aziende indisciplinate", con un riferimento a H&M, che lo scorso anno ha annunciato la rinuncia a comprare cotone dallo Xinjiang. Nel mirino anche Adidas, Nike, Burberry e Zara, messi al bando sulle piattaforme di e-commerce cinesi. Da ieri non ci sono risultati, per chi cerca questi marchi su T-mall di Alibaba e JD.com, i due maggiori rivenditori online in Cina. Anche le ricerche dei negozi fisici di H&M su Baidu e Gaode, le principali app di geolocalizzazione della Cina, non producono risultati.

Il blocco è arrivato dopo che la Lega della Gioventù Comunista Cinese ha accusato H&M di "boicottare" il cotone prodotto nello Xinjiang, in relazione a una dichiarazione con cui H&M ha espresso "profonda preoccupazione" per le segnalazioni di lavoro forzato nella regione della Cina occidentale, dove 1 milione di uiguri sono stati arrestati e il governo cinese si sta macchiando di gravi violazioni dei diritti umani. I media statali hanno fatto circolare anche una dichiarazione di Nike, con cui la società di abbigliamento sportivo esprimeva preoccupazione per le segnalazioni di lavori forzati nello Xinjiang, scatenando la rabbia degli utenti cinesi sui social media e dei partner commerciali locali. Wang Yibo, una pop star cinese e ambasciatrice del marchio Nike, ha espresso l’intenzione di tagliare i legami con l’azienda.

Le multinazionali occidentali sono strette fra l’incudine dei loro clienti cinesi e il martello degli attivisti occidentali. Walt Disney ha sollevato un’ondata d’indignazione l’anno scorso, quando ha ringraziato la polizia dello Xinjiang nei titoli di coda del film Mulan, per aver permesso di girare scene nella regione. In base a un’analisti di Ubs, comunque, l’impatto sarà temporaneo: gli analisti della banca svizzera fanno notare che i consumatori cinesi in passato avevano boicottato marchi come Dolce & Gabbana, Dior e Balenciaga, ma senza ottenere "effetti di lunga durata".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro