
Il governo chiude la porta. La banca italiana ha il 30% dell’istituto tedesco. Oggi la sentenza del Tar sul ricorso di Banco Bpm .
"Nein". Friedrich Merz gela Unicredit sulla scalata a Commerzbank. Il cancelliere tedesco ha acceso definitivamente il semaforo rosso sull’operazione, in una lettera indirizzata al presidente del comitato aziendale della banca di Francoforte in cui definisce "ostile e inaccettabile" il tentativo italiano. La posizione della Germania è chiara: non vogliamo cedere il controllo della seconda banca sistemica del Paese. Berlino, infatti, "prende molto sul serio" le preoccupazioni dei sindacati e intende difendere l’indipendenza di Commerzbank, ritenuta "strategica" per il finanziamento delle Pmi, apprezzandone sia i risultati del primo trimestre sia il piano industriale di lungo periodo.
Merz si allinea così alla linea del ministro delle Finanze Klingbeil, da sempre contrario all’avanzata di Unicredit, secondo cui il blitz del gruppo italiano – che tra azioni e derivati ha rastrellato il 29,9% del capitale – "è inaccettabile". Non sarà facile per l’ad Andrea Orcel superare i muri alzati dalla politica tedesca. "Siamo persone educate e corrette – ha detto il banchiere romano nei giorni scorsi – ma abbiamo il 30%". Un messaggio chiaro, che oggi proverà a ribadire proprio a Berlino, ospite della Goldman Sachs Financial Conference, in un confronto atteso con investitori e analisti. Ma la pazienza dei mercati comincia a calare: da settimane la partita tedesca è in stallo e lo scenario, al momento, resta bloccato.
Sul fronte italiano del risiko, le mire di Unicredit si scontrano con ostacoli istituzionali: l’offerta pubblica di scambio su Banco Bpm è stata sospesa per 30 giorni dalla Consob, con la banca guidata da Giuseppe Castagna che ha impugnato la delibera davanti al Tar del Lazio. La decisione è attesa a ore, probabilmente già oggi: se il ricorso venisse accolto, i termini dell’offerta riprenderebbero a decorrere. Altrimenti tutto resterà congelato fino al 23 giugno.
Una mano a Orcel potrebbe arrivare dall’Europa che il 19 giugno, nell’ambito del vaglio antitrust, potrebbe contestare all’Italia un uso strumentale e contrario alle regole comunitarie del Golden Power. Proprio ieri Palazzo Chigi ha risposto alla richiesta di chiarimenti che ad aprile la Ue aveva indirizzato all’Italia sull’uso dei poteri speciali nell’ambito delle scalate bancarie.
Ma l’appuntamento cruciale è fissato per il 9 luglio, quando il Tar discuterà nel merito il ricorso di Unicredit contro il Golden Power. Non è passato inosservato il gesto distensivo di Piazza Gae Aulenti nei confronti del governo: il 4 giugno, infatti, la banca ha ritirato la richiesta di misure cautelari presentata al Tar, nel tentativo di aprire un dialogo. Secondo quanto emerge da fonti vicine al dossier, le prescrizioni in discussione toccano diversi aspetti strategici. In primo luogo l’obbligo, per un periodo di cinque anni, di mantenere invariato il peso degli investimenti di Anima Holding – il gestore del risparmio legato a Banco Bpm – in titoli di emittenti italiani, pubblici o privati, e di sostenere lo sviluppo della società. Un altro punto critico riguarda la richiesta di non ridurre, sempre per cinque anni, il rapporto tra impieghi e depositi praticato in Italia sia da Banco Bpm che da Unicredit. Tra le prescrizioni figura anche la richiesta di cessare tutte le attività in Russia – incluse raccolta, impieghi, collocamento fondi e prestiti transfrontalieri – entro un termine massimo di nove mesi.
In questo clima di tensione, non sorprende che anche altre operazioni di mercato incontrino resistenze. È il caso dell’Opas di Banca Ifis su illimity Bank, per la quale gli analisti di Banca Akros ieri hanno invitato gli azionisti ad aderire, definendola "congrua" e avvertendo che un rifiuto potrebbe tradursi in un downgrade del titolo a causa della debolezza del piano stand-alone. Il quadro complessivo è quello di un settore bancario europeo stretto tra ambizioni industriali e resistenze sovraniste, tra logiche di mercato e interventi regolatori sempre più complessi.
Un punto sottolineato anche da Gianfranco Torriero, vicedirettore generale dell’Abi, che ha chiesto "meno burocrazia, non meno regole", denunciando una "stratificazione normativa che ostacola l’efficienza del sistema". Le sfide, ha ricordato, sono molte: dalla fase finale di Basilea 3 alla cyber security, passando per l’integrazione europea delle regole bancarie.