
I paletti dell’Antitrust europeo. Il ceo a Young Factor parla delle fusioni: oggi si alzano troppe barricate
di Jessica Muller CastagliuoloMILANODa studente, Andrea Orcel, ceo di UniCredit, sognava di fare "l’investment banker": "Mi sono laureato con una tesi in fusioni e acquisizioni: volevo fare quello e ci ho messo tutto me stesso", racconta. Per raggiungere vette professionali, "ci vuole talento, ma anche idee chiare e perseveranza", suggerisce alla platea di giovani ragazze e ragazzi provenienti da sei Paesi europei che ha riempito le sale della Borsa di Milano per la tre giorni di "Young Factor: un dialogo tra giovani, economia e finanza", promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani Editori con Intesa Sanpaolo.
L’incontro avviene nel giorno in cui l’autorità antitrust di Bruxelles dà il via libera condizionato all’Ops di Unicredit su Banco Bpm. Gae Aulenti, come da impegni, dovrà cedere 209 sportelli "situati in aree problematiche con sovrapposizioni in tutta Italia", si legge nella nota dell’antitrust comunitario. Un impegno che risolve "pienamente le preoccupazioni in materia di concorrenza individuate dalla Commissione". L’ad di Banco Bpm Giuseppe Castagna ha sottolineato in una nota che l’autorizzazione Ue "nulla ha a che vedere con l’esito finale dell’Ops", e ha aggiunto che la cessione di 209 sportelli "potrebbe avere delle ricadute anche significative sull’erogazione dei servizi alla clientela oltre che occupazionali". L’ops comunque riparte da lunedì con l’ok della Ue.
Il risiko bancario tiene banco anche tra la platea dell’Osservatorio Giovani Editori. È uno studente a fare la domanda a Orcel: alla luce dell’esperienza con Commerzbank (altro obiettivo di Unicredit), fare acquisizioni in un contesto regolamentato è oggi più difficile? Il ceo ampia la sua riflessione: "Qualunque società deve avere una strategia, creare valore proprio. Se si dipende dalle acquisizioni, vuol dire che non si sa gestire la propria società. L’acquisizione è un’accelerazione". Tuttavia, "quando facevo M&A negli anni Ottanta e Duemila, c’erano regole chiare e il valore veniva giudicato dagli azionisti. Ora c’è una forte regolamentazione, servono mesi di analisi, rispettare l’antitrust e la concorrenza". Tutto giusto per il ceo, anche se "in Europa abbiamo bisogno di società più grandi, siamo troppo frammentati. Ho lavorato in molti paesi e abbiamo tutti principi e valori nazionali, però per poterli sostenere dobbiamo avere forza economica. Ogni volta che si vuole crescere, si alzano le barricate", chiosa Orcel.
"Dopo il Covid, i governi hanno preso una posizione molto più interventista sull’M&A: o fai lobbying prima di fare l’operazione, oppure agisci secondo le regole e speri di arrivare in fondo. Noi siamo dell’opinione di fare la seconda cosa", conclude, con chiaro riferimento all’ops lanciata su Banco Bpm, in attesa dell’esito del ricorso che UniCredit ha presentato contro il golden power. Nella tre giorni di MIlano, che ha visto confrontarsi banchieri nazionali e internazionali, è emersa la necessità di istituti paneuropei, per far crescere l’unione finanziaria.
Lo ha detto Joachim Nagel, governatore della Bundesbank: "E’ il momento di fare l’unione bancaria e ridurre la frammentazione". Il vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, aggiunge: "L’idea del mercato unico era pionieristica, ma purtroppo non è progredita tanto velocemente quanto avremmo voluto. Dovremmo sentirci più europei ed essere meno nazionalisti". Ancora Orcel: "Si dice che l’Europa non sia pronta per la banking union e per le operazioni transfrontaliere: è vero, ma in questo momento non è disposta nemmeno a far fare operazioni nazionali: Bbva in Spagna ha gli stessi problemi che abbiamo noi su Bpm in Italia e su Commerzbank in Germania".