La cattura e lo stoccaggio di carbonio (Ccs) "potrebbe rilasciare una bomba da 86 miliardi di tonnellate in più di gas serra nell'atmosfera tra il 2020 e il 2050", secondo una nuova analisi pubblicata oggi dal think tank Climate Analytics. Il rapporto calcola le emissioni aggiuntive che potrebbero derivare dall'utilizzo continuo di combustibili fossili giustificato dalla scelta della Ccs. Il Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico (IPCC) raccomanda tassi di cattura del carbonio del 95%. Se invece si arriva solo al 50% e le emissioni di metano venissero ridotte a livelli bassi, si immetterebbero nell'atmosfera 86 miliardi di tonnellate di gas serra, equivalenti a più del doppio delle emissioni globali di CO2 nel 2023. L'apertura ai combustibili fossili "abbattuti" (le cui emissioni sono ridotte attraverso tecnologie di Ccs) rischia di spingere fuori portata il limite di riscaldamento di 1,5 gradi fissato dall'Accordo di Parigi, in particolare considerando l'espansione dei progetti di petrolio e gas attualmente promossi in tutto il mondo, come sottolinea il rapporto pubblicato mentre i governi si incontrano oggi al vertice sul clima delle Nazioni Unite a Dubai per discutere della gestione del carbonio. L'Agenzia Internazionale dell'Energia ha costantemente rivisto al ribasso la stima del ruolo della Ccs nella transizione energetica, ipotizzando il 38% in meno nelle sue proiezioni per il 2023 rispetto al 2021. Ciò è dovuto alla diminuzione del costo dell'energia rinnovabile e al maggiore potenziale di alternative ai combustibili fossili nell'industria, come ricorda il think tank Climate Analytics.
Domenica 8 Settembre 2024
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