Mercoledì 24 Aprile 2024

L'Italia dei fallimenti: 83mila pratiche arretrate. Allarme per il Covid

Un neonato osservatorio veneto con algoritmi di intelligenza artificiale ha scattato una foto dei tribunali, sommersi dai procedimenti, in epoca pre pandemia. L'allarme: "Cosa sarà dopo il blocco?". A Milano e Firenze oltre 500 casi pendenti a giudice

L'osservatorio Cherry Sea

L'osservatorio Cherry Sea

Padova, 18 novembre 2020 - I fallimenti sono un fallimento. Nei tribunali italiani giace un arretrato di 83mila pratiche, con una costante di 11mila procedimenti aperti all’anno. Questa è la fotografia al 31 dicembre 2019. Domanda inevitabile: quanti saranno dopo il periodo turbolento e gli stop forzati della pandemia da Covid-19? A rivolgersi per primi la domanda sono i giovani ingegneri di Cherry Sea, l’innovativo osservatorio di Cherry Bit, società veneta che sviluppa algoritmi di intelligenza artificiale applicata al credito deteriorato. La start-up è nata a luglio, a settembre la prima ricerca sulle procedure fallimentari, grandi moli di dati sviscerate in pochissimo tempo.

Giacomo Fava, 27 anni, ingegnere biomedico laureato all'università di Pavia, la mette giù così: “Centomila posizioni. Ci vorrebbero mesi per analizzare tutto e avere un campione. A noi basta una giornata di lavoro. Partendo dal codice fiscale raccogliamo tutte le informazioni necessarie a valutare il portafoglio”.

La fonte dei dati è il ministero della Giustizia, il periodo analizzato va dal 2010 al 2019, l’analisi parte dai 140 tribunali italiani per concentrarsi sui 20 più attivi. Per dire: Milano e Roma sono in vetta alla classifica per numero di procedimenti aperti ma anche pendenti, con 1.019 e 897 nuove pratiche, complessivamente il 35% delle 5.472 totali, e un arretrato di 5.196 e 5.023. Nell'elenco dei virtuosi troviamo Napoli, e la posizione si spiega con il rinforzo, "è stato aperto un nuovo tribunale, che aiuta a gestire - è la didascalia dell'ingegnere -. Qualche anno fa per smaltire le pratiche servivano 10 anni".

In media in Italia per arrivare in fondo a un fallimento di anni ne servono cinque. Ma la statistica non racconta tutto. Mara Di Giorgio, amministratore di Cherry: "La media in questo caso è davvero poco significativa perché le situazioni sono troppo variabili". Cita come esempio proprio il capoluogo campano, che dopo il raddoppio ha cambiato vita, "qualcuno si è accorto che così non si poteva andare avanti. Quindi la capacità di leggere i numeri per capire dove andare a incidere è davvero molto importante. Perché alla fine sono risorse tolte all'economia. Ci sono tantissimi casi di aziende che stanno aspettando crediti dai fallimenti. Un ratardo può decidere il destino dell'impresa".  Ma se questa è la fotografia a fine 2019, "l'anno prossimo sarà molto peggiore. La soluzione? Il governo dovrà decidere se e dove duplicare i tribunali".  Tornando alla statistica, fatevi un'idea: 48 nuove pratiche per giudice all’anno nei 20 fori più attivi;  288,85 per ogni giudice, con punte di oltre 500 a Milano, Cagliari e Firenze, su quelle pendenti.

Antonello Fodde, 30 anni, ingegnere informatico laureato al Politecnico di Milano, compagno d'avventura di Giacomo Fava, mette in fila le domande alle quali ogni tribunale dovrebbe avere risposta, per funzionare bene: "Serve una coscienza delle performances. Quante pratiche sono ancora pendenti? A che velocità vanno gli uffici? Non sono sicuro che accada. Se si accumulano più procedimenti di quelli che si smaltiscono, è chiaro che ci deve essere un piano per il futuro per andare a colmare questo rallentamento". Prossima tappa dell'osservatorio: "Esecuzioni immobiliari, crediti ingiuntivi, abbiamo molte informazioni anche sulle aste - anticipa Fava -. Abbiamo dati su 50 milioni di atti, 3 milioni di fascicoli, 2 milioni di pratiche".

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