Martedì 23 Aprile 2024

Tradizione, innovazione e sostenibilità Il cuoio ‘made in Toscana’ si rifà il look

Via alla nuova campagna di comunicazione del Consorzio. .

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di Eva Desiderio

"Abbiamo fatto un bel lavoro, siamo soddisfatti. La motivazione della nostra nuova campagna è forte e va tutta verso il consumatore finale che deve conoscere e apprezzare sempre più i valori del Consorzio Cuoio di Toscana". Antonio Quirici, presidente del Consorzio che raduna sette aziende leader della produzione del cuoio sulle 250 del comprensorio toscano, racconta la strada interessante e visionaria che sta imboccando la comunicazione di questi prodotti che fino ad ora sono stati un po’ sottovalutati e sottostimati pur nella loro eccellente naturalezza. Chi si è mai guardato la suola delle scarpe? Finora pochi clienti preparati e sensibili, d’ora in poi sempre di più grazie soprattutto alle nuove generazioni che stanno rivalutando il cuoio per la sua ecosostenibilità, la sua storia millenaria, la sua autenticità certificata ora per la concia vegetale da un cartellino e da una pellicola protettiva con punzone e TAG NFC, dispositivo che traccia l’origine della materia e i metodi di lavorazione. La campagna di grande emozione, col profilo di un cuore di cuio rosso e anche della terra di Toscana, si intitola ‘Step into our world’.

Presidente Quirici, siamo arrivati a una grande svolta?

"Sì, dalla fondazione del Consorzio Cuoio di Toscana nel 1985 a Santa Croce sull’Arno è arrivato ora il momento di trasmettere i valori di questa eccellenza Made in Italy. Finora c’è stata troppa scarsa informazione e dobbiamo insistere invece sul farci conoscere per quello che siamo: una punta di diamante produttiva che concilia al massimo tradizione e innovazione, la sostenibilità e il riciclabile, l’essere plastic free. Finora ci siamo rivolti soprattutto alla filiera e poco al consumatore. L’uso smodato e improprio delle calzature con suola di plastica ha fatto il resto. Ora dobbiamo recuperare il tempo perduto nella comunicazione e su questo stiamo investendo. Le tendenze poi parlano di un ritorno allo stile classico per la scarpa da uomo, per la donna con le scarpe col tacco il cuoio non è mai mancato. Ora tocca ai giovani invertire la tendenza".

Ma è vero che state mettendo a punto una sneaker con la suola di cuoio?

"Verissimo, è la nostra ultima frontiera. Ci stiamo lavorando. Le sneaker di plastica rimangono nell’ambiente per milioni di anni, basti pensare alle isole di plastica nell’Oceano Pacifico. Col cuoio questi problemi di smaltimento non ci sono".

Che messaggio volete dare?

"Vogliamo raccontare ai consumatori che il cuoio è un materiale nobile, di grande dignità. Nasce dalla filiera alimentare, con gli scarti che arrivano nelle nostre concerie e l’economia è tutta circolare. Lavoriamo con tannini naturali alla corteccia di castagno, mimosa e quebracho, derivati da piante ripiantumate continuamente. E la nostra concia lenta è unica al mondo. La lavorazione richiede due mesi di produzione per un chilo di cuoio. Siamo nella sfera certa dell’ecosostenibilità. Da noi in Toscana a Santa Croce c’è il depuratore del distretto da sempre efficiente ed efficace, lavora per la qualità dell’ambiente dal 1975, è l’impianto più importante d’Europa. Da tutto il mondo vengono a vedere come funziona e cosa abbiamo realizzato con miliardi di euro di investimento e tanta ricerca".

Come vanno le cose adesso dopo il lockdown?

"Noi ce la stiamo mettendo tutta per la ripartenza e siamo fiduciosi di riprendere le nostre posizioni. Ma abbiamo perso in questi mesi il 35% del fatturato. Abbiamo riaperto le aziende a maggio e a giugno-luglio abbiamo ripreso il 30%. Finora abbiamo esportato più del 50% della produzione. Ora c’è molta selezione e prudenza. Noi del Consorzio dei sette soci occupiamo 200 persone e fatturiamo 160 milioni di euro. Siamo orgogliosi delle nostre tradizioni e del fatto che ora oltre che cuoio per le suole delle scarpe vendiamo il cuoio anche per arredare le case, come pavimenti e come pareti, e poi siamo richiesti anche dall’industria navale. Noi imprenditori portiamo avanti le concerie in prima persona, esportiamo in tutta Europa, nell’est asiatico, in Cina, Vietnam e Giappone. E se il 60% delle scarpe al mondo sono fatte in Cina noi siamo felici che gli imprenditori cinesi che lavorano sulla qualità scelgano il nostro cuoio. Insomma io esporto in Cina".

Cosa si sente di chiedere ai politici che governano il nostro Paese?

"Chiedo di agevolarci, di dare alle piccole e medie imprese la possibilità di esportare, finanziando missioni all’estero e organizzando scambi, fiere, joint venture. La cosa più importante è eliminare la burocrazia, finora ci hanno frenato, spero che arrivi un po’ di buona volontà, auspico che si tolgano i troppi lacci alle nostre iniziative di imprenditori".

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