Martedì 10 Settembre 2024
LUCA RAVAGLIA
Economia

Quali sono le terre rare in Italia. Il tesoro del terzo millennio tra dubbi, speranze e polemiche

Il governo accelera per facilitare le procedure di estrazione, l’opposizione teme il ‘liberi tutti'. Il ruolo delle nuove tecnologie e quello della burocrazia

Materie prime, foto generica

Materie prime, foto generica

Roma, 9 agosto 2024 – La caccia ai tesori del terzo millennio dei quali anche il sottosuolo italiano è ricco, sarà compatibile con la tutela dell’ambiente e la valorizzazione delle imprese del nostro Paese e, allo stesso tempo, con la necessità di togliere quote a mercati egemonici (quello cinese su tutti) che a oggi sono in grado di incidere in maniera troppo impattante su costi e modalità di approvvigionamento di prodotti tecnologici ormai indispensabili?

Si muove attorno a questi perni la discussione politica avviata in questi giorni col via libera definito varato dal Senato in relazione al cosiddetto decreto sulle materie prime. L’intento dichiarato è quello di facilitare le procedure di estrazione – e anche di riciclo - dei minerali (nel nostro Paese la lista conta 17 nomi) i cui impieghi sono essenziali nella produzione di chip e componenti legati all’industria tecnologica, i cui giacimenti sono concentrati in particolari aree del nostro Paese.

Chi e dove può scavare

Il punto sta proprio qui: fare chiarezza su chi, dove, per quanto tempo e in che modo può effettuare gli scavi. La questione è aperta. Ovviamente non tutto il territorio italiano si presta a questo tipo di attività: le aree maggiormente interessate sono state individuate tra Toscana e Lazio, in Sardegna, in Liguria e in alcune aree dell’arco alpino, dalla Valle d’Aosta al Trentino, passando per il nord di Veneto, Lombardia e Piemonte. Senza dimenticare una fetta di Emilia Romagna.

Miniere chiuse

A dare qualche riferimento maggiore ci ha pensato, fin dai mesi scorsi, il Governo: il ministro al Made in Italy Adolfo Urso ha per esempio enfatizzato il ruolo delle nuove tecnologie, che permetterebbero sia di riattivare miniere chiuse da oltre trent’anni, sia di sfruttare i rifiuti minerari accumulati in passato, stimati in 70 milioni di metri cubi. Tra cobalto, nichel ,litio, terre rare e via dicendo insomma, sotto i nostri piedi c’è un tesoro il cui valore è destinato ad aumentare nel tempo. La maggioranza spinge sull’acceleratore, varando norme pensate per snellire i tempi per il rilascio delle concessioni sulla scorta dell’analisi dello stesso Urso secondo cui a oggi l’Italia “Non ha nessuna attività mineraria e non ci sono imprese minerarie. Le miniere le abbiamo chiuse 30 anni fa”. Contestualmente nel fronte politico opposto si sposta invece l’attenzione (anche) sulla necessità di evitare una sorta di ‘liberi tutti’.

Chi rilascia le concessioni

Sul tema, spetta allo Stato il rilascio dei titoli abilitativi e delle autorizzazioni. Il Ministro dell’Ambiente è competente per tutte le attività legate all’estrazione e alle autorizzazioni al riciclo di materie prime critiche strategiche: le tempistiche per la durata della procedura non possono superare rispettivamente i 18 e 10 mesi. Al Ministero delle Imprese compete invece la procedura autorizzativa relativa alla trasformazione di materie prime critiche strategiche, per una durata massima di dieci mesi. E’ stata anche prevista l’istituzione, sempre all’interno del Ministero delle imprese, di un comitato tecnico permanente che dovrà monitorare gli approvvigionamenti e predisporre un piano nazionale.

Il settore italiano

Il tema non può essere sottovalutato o sottostimato, dal momento che, tanto per dare un ordine di grandezza, gli esperti del settore arrivano a quantificare in oltre 200 i possibili campi di utilizzo di queste materie. E il numero pare destinato a crescere. Evitare di finire troppo dipendenti da realtà extraeuropee in questo ambito è un rischio che molti paventano, visti anche i recenti trascorsi causati dallo scoppio della guerra in Ucraina, e allo stesso tempo c’è da valutare l’impatto per le aziende italiane. Dall’estero imprese (colossi) già attive in questo settore si stanno già muovendo, valutando scenari e opportunità di intervento. Nel nostro mercato invece a che punto siamo?