European Central Bank (ECB) President Christine Lagarde answers questions during the European Parliament Committee on Economic Affairs at the EU Parliament in Brussels on March 20, 2023. (Photo by John THYS / AFP)

Christine Lagarde, presidente Bce (Ansa)

È il momento più difficile, per le banche centrali. Il 16 marzo la Bce ha alzato i tassi al 3,50%, il 22 marzo c'è stata la mini-stretta della Fed al 4,75%-5%, il giorno dopo la Bank of England ha alzato al 4,25%. Un altro rialzo negli Stati Uniti è scontato da qui a fine anno, poi nel 2024 i tassi ricominceranno a calare. La Bce è un po' in ritardo rispetto alla Fed e l'inflazione in Europa è ancora più tenace, quindi l'Eurotower continuerà ad alzare più a lungo e probabilmente comincerà la stabilizzazione più tardi. Il dilemma, per i banchieri centrali, è capire quando è giunto il momento di fermarsi, un po' come quando la barca si avvicina al pontile e bisogna stimare l'inerzia per spegnere il motore al momento giusto. E' una decisione delicata, se non si vuole andare a sbattere.  Il dilemma si pone in tutti i cicli economici, che fin dalla notte dei tempi si ripetono sempre uguali: espasione, rallentamento, recessione e ripresa sono le quattro fasi, che negli ultimi anni tendono a diventare sempre più brevi (ad oggi si calcola una durata di circa sei anni per ogni ciclo). E da sempre i mercati anticipano l'economia, perché sono mossi dalle aspettative. Nella fase di espansione c'è un aumento di tutti i fattori economici, come produzione industriale, occupazione, Pil, salari, profitti delle imprese, domanda e offerta di prodotti e vendite al dettaglio. Inoltre, nella fase di espansione, i prezzi dei fattori produttivi e la stessa produzione aumentano simultaneamente. In questa fase, i debitori sono generalmente in buone condizioni finanziarie per rimborsare i loro debiti e le banche erogano una maggiore quantità di prestiti grazie alla maggior affidabilità dei richiedenti. L'importante è non assumersi troppi rischi, credendo che questa fase durerà per sempre. Quando l'espansione giunge al suo picco, infatti, l'inflazione può salire oltre le attese, in seguito alla forte crescita economica o per fattori esogeni, come ad esempio la crisi petrolifera degli anni Settanta o la crisi energetica dell'anno scorso. E' proprio l'inflazione oltre le attese che porta le banche centrali a raffreddare l'economia con il rialzo dei tassi quel tanto da riportarla in carreggiata. Al rialzo dei tassi chi si è troppo esposto rischia di andare in bancarotta, com'è successo a diverse banche nei giorni scorsi. Chi si è indebitato troppo con mutui a tasso variabile, a sua volta, rischia di non farcela. Con la stretta al costo del denaro l'economia si raffredda e la curva comincia a scendere, fino a portare l'economia verso la fase successiva del ciclo, caratterizzata dal Pil in rallentamento con tassi d'interesse in aumento proprio per frenare l'inflazione. Tassi alti e inflazione alta determinano infatti il rallentamento dell'economia. A seconda del punto in cui le banche centrali smettono di tirare il freno, la fase successiva di recessione può essere più o meno brutale. E' questo il punto in cui siamo oggi e in cui si rischia di andare a sbattere sul pontile. Di norma una recessione è definita semplicemente come due trimestri consecutivi di calo del Pil reale. Fanno eccezione alla regola le recessioni del 1960-1961 e del 2001, che non hanno incluso due cali trimestrali successivi del Pil reale. Anche se un periodo di recessione non sembra imminente, non è mai troppo presto per pensare alle potenziali ripercussioni di un evento del genere. Una recessione si verifica quando la produzione economica subisce una flessione dopo un periodo di crescita. La buona notizia è che, normalmente, le recessioni non durano a lungo, tra 8 e 18 mesi, con una media di 11 mesi. Nel caso in cui non esistano sufficienti stimoli per uscire dalla crisi, però, il sistema può entrare in una fase di depressione e deflazione da cui sarà molto difficile uscire, ad esempio nel caso degli Usa negli anni Trenta, del Giappone degli anni Novanta e dell'Europa tra il 2008 e il 2012. In questo caso la fase recessiva durerà più a lungo e saranno necessari forti stimoli da parte dei governi e delle banche centrali per innescare la ripresa. La ripresa è un contesto finanziario caratterizzato da bassa inflazione in cui le banche centrali stimolano l'economia con tassi d'interesse bassi. I tassi bassi favoriscono bassi tassi sui finanziamenti e mutui grazie ai quali la gente spende di più comprando più beni e servizi e rimettendo quindi in moto l'economia. E si ricomincia da zero.

Economia

È il momento più difficile, per le banche centrali. Il 16 marzo la Bce ha alzato i tassi al 3,50%, il 22 marzo c'è stata la mini-stretta della Fed al 4,75%-5%, il giorno dopo la Bank of England ha alzato al 4,25%. Un altro rialzo negli Stati Uniti è scontato da qui a fine anno, poi nel 2024 i tassi ricominceranno a calare. La Bce è un po' in ritardo rispetto alla Fed e l'inflazione in Europa è ancora più tenace, quindi l'Eurotower continuerà ad alzare più a lungo e probabilmente comincerà la stabilizzazione più tardi. Il dilemma, per i banchieri centrali, è capire quando è giunto il momento di fermarsi, un po' come quando la barca si avvicina al pontile e bisogna stimare l'inerzia per spegnere il motore al momento giusto. E' una decisione delicata, se non si vuole andare a sbattere. 
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Il dilemma si pone in tutti i cicli economici, che fin dalla notte dei tempi si ripetono sempre uguali: espasione, rallentamento, recessione e ripresa sono le quattro fasi, che negli ultimi anni tendono a diventare sempre più brevi (ad oggi si calcola una durata di circa sei anni per ogni ciclo). E da sempre i mercati anticipano l'economia, perché sono mossi dalle aspettative. 
Nella fase di espansione c'è un aumento di tutti i fattori economici, come produzione industriale, occupazione, Pil, salari, profitti delle imprese, domanda e offerta di prodotti e vendite al dettaglio. Inoltre, nella fase di espansione, i prezzi dei fattori produttivi e la stessa produzione aumentano simultaneamente. In questa fase, i debitori sono generalmente in buone condizioni finanziarie per rimborsare i loro debiti e le banche erogano una maggiore quantità di prestiti grazie alla maggior affidabilità dei richiedenti. L'importante è non assumersi troppi rischi, credendo che questa fase durerà per sempre. 
Quando l'espansione giunge al suo picco, infatti, l'inflazione può salire oltre le attese, in seguito alla forte crescita economica o per fattori esogeni, come ad esempio la crisi petrolifera degli anni Settanta o la crisi energetica dell'anno scorso. E' proprio l'inflazione oltre le attese che porta le banche centrali a raffreddare l'economia con il rialzo dei tassi quel tanto da riportarla in carreggiata. Al rialzo dei tassi chi si è troppo esposto rischia di andare in bancarotta, com'è successo a diverse banche nei giorni scorsi. Chi si è indebitato troppo con mutui a tasso variabile, a sua volta, rischia di non farcela. 
Con la stretta al costo del denaro l'economia si raffredda e la curva comincia a scendere, fino a portare l'economia verso la fase successiva del ciclo, caratterizzata dal Pil in rallentamento con tassi d'interesse in aumento proprio per frenare l'inflazione. Tassi alti e inflazione alta determinano infatti il rallentamento dell'economia. A seconda del punto in cui le banche centrali smettono di tirare il freno, la fase successiva di recessione può essere più o meno brutale. E' questo il punto in cui siamo oggi e in cui si rischia di andare a sbattere sul pontile. 
Di norma una recessione è definita semplicemente come due trimestri consecutivi di calo del Pil reale. Fanno eccezione alla regola le recessioni del 1960-1961 e del 2001, che non hanno incluso due cali trimestrali successivi del Pil reale. Anche se un periodo di recessione non sembra imminente, non è mai troppo presto per pensare alle potenziali ripercussioni di un evento del genere. Una recessione si verifica quando la produzione economica subisce una flessione dopo un periodo di crescita. La buona notizia è che, normalmente, le recessioni non durano a lungo, tra 8 e 18 mesi, con una media di 11 mesi. Nel caso in cui non esistano sufficienti stimoli per uscire dalla crisi, però, il sistema può entrare in una fase di depressione e deflazione da cui sarà molto difficile uscire, ad esempio nel caso degli Usa negli anni Trenta, del Giappone degli anni Novanta e dell'Europa tra il 2008 e il 2012. In questo caso la fase recessiva durerà più a lungo e saranno necessari forti stimoli da parte dei governi e delle banche centrali per innescare la ripresa. 
La ripresa è un contesto finanziario caratterizzato da bassa inflazione in cui le banche centrali stimolano l'economia con tassi d'interesse bassi. I tassi bassi favoriscono bassi tassi sui finanziamenti e mutui grazie ai quali la gente spende di più comprando più beni e servizi e rimettendo quindi in moto l'economia. E si ricomincia da zero.

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