Giovedì 12 Giugno 2025
FRANCESCA CONTI
Economia

Cosa succede ora dopo lo stop ai dazi di Trump dalla Corte federale Usa: meglio o peggio?

Trump perde (per ora) la guerra dei dazi: una corte federale americana blocca le tariffe volute dall’ex presidente, giudicandole illegali. La Casa Bianca si infuria e annuncia ricorso. Mercati in festa, ma le imprese temono nuove tensioni protezionistiche e ricadute sull’export

Cosa succede ora dopo lo stop ai dazi di Trump dalla Corte federale Usa: meglio o peggio?

Roma, 29 maggio 2025 – Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump incassa un duro colpo su uno dei suoi cavalli di battaglia: i dazi. La decisione è arrivata dalla US Court of International Trade, che ha stabilito all’unanimità che l’International Emergency Economic Powers Act del 1977 non conferisce al presidente il potere di introdurre dazi generalizzati su merci provenienti da quasi tutto il mondo. 

Sommario

Trump minaccia dazi al 50% all'Ue. Piazza Affari -2%
Trump furioso dopo la sentenza della Corte federale Usa che ritiene non sia di competenza del Presidente fissare tariffe commerciali

La Corte Usa stoppa i dazi di Trump

Secondo i giudici, tra cui anche uno nominato da Trump stesso, la legge non può essere interpretata come un’autorizzazione ampia e indefinita a manovrare la leva commerciale. La Casa Bianca ha reagito con forza, definendo la sentenza un “colpo di stato giudiziario” e annunciando un immediato ricorso. Non si esclude che la disputa possa finire davanti alla Corte Suprema, rendendo la questione ancora più delicata anche sul fronte internazionale.  

Le conseguenze e i possibili scenari

Dal punto di vista giuridico la sentenza rappresenta un precedente importante: limita l’uso discrezionale del potere esecutivo in materia commerciale, ponendo un freno all'invocazione del concetto di ‘emergenza nazionale’ come leva per introdurre tariffe. Se confermata nei successivi gradi di giudizio, potrebbe ristabilire un ruolo centrale del Congresso nelle decisioni di politica commerciale e ridurre il grado di incertezza normativa per le imprese. In caso contrario, se la Corte Suprema dovesse ribaltare il verdetto, si aprirebbe la strada a una stagione di protezionismo presidenziale potenzialmente illimitato, con effetti a catena sulle catene del valore globali. Sul piano pratico, nel frattempo, resta in vigore il blocco delle tariffe contestate: ciò significa che alcune delle barriere imposte durante l’amministrazione Trump, comprese quelle contro Cina, Canada e Messico, potrebbero essere sospese o rimosse. Il ricorso dell’amministrazione è già stato presentato: l’esito, atteso nei prossimi mesi, potrebbe influenzare direttamente il clima economico pre-elettorale negli Stati Uniti.

I mercati brindano allo stop

La reazione dei mercati globali alla sentenza è stata positiva. Wall Street ha accolto con entusiasmo la notizia del blocco ai dazi, che si traduce in una riduzione dell'incertezza per le imprese. I future statunitensi sono saliti, il dollaro ha guadagnato terreno e le borse europee si sono mosse al rialzo. La prospettiva che vengano rimossi dazi del 10% imposti a Paesi come Cina, Messico e Canada ha dato fiato ai listini, sostenuti anche dai risultati brillanti di Nvidia. Il sentiment appare dunque ottimistico, almeno nel breve termine, in attesa degli sviluppi del ricorso.

Fmi, in Italia prospettive incerte, pesano dazi e demografia
La decisione della Corte federale Usa che ha sostanzialmente ritenuto illegittimi i dazi introdotti da Trump se da una parte piace ai mercati dall'altra genera ulteriore incertezza

Politica interna e tensioni globali

Le prime reazioni sono arrivate dal fronte politico. Trump, visibilmente infastidito dalle critiche, ha respinto le accuse di debolezza nell’uso dei dazi, definendo le sue mosse parte di una strategia negoziale. Sul fronte internazionale, la Cina ha ribadito che le guerre commerciali non hanno vincitori e che il protezionismo è dannoso per tutte le parti coinvolte. In Europa, il commento più netto è arrivato da Paolo Gentiloni: “Un sospiro di sollievo, quei dazi avrebbero colpito ulteriormente la crescita”. Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha cercato di raffreddare gli animi: “L’Ue non cerca una guerra commerciale. Serve confronto, non scontro”. La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha invece colto l’occasione per lanciare un monito interno: senza una vera semplificazione del mercato unico, l’UE resterà fragile davanti ai colossi globali.

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Il timore di nuove ricadute per l'industria

La prospettiva di un ritorno massiccio al protezionismo preoccupa profondamente il sistema produttivo, in particolare quello europeo. Secondo i dati di Federmeccanica, l’80% delle imprese italiane del settore metalmeccanico teme impatti negativi da nuove misure tariffarie. Tra le principali criticità segnalate ci sono la perdita di quote di export (27%), difficoltà nelle catene di approvvigionamento (24%) e una maggiore pressione competitiva sul mercato interno (23%). Gli Stati Uniti restano uno dei principali sbocchi per l’industria italiana, insieme alla Germania, e l’eventuale rafforzamento di barriere commerciali potrebbe colpire duramente entrambe le rotte. Preoccupano anche i dati Istat sul fatturato industriale di marzo, in calo dell’1,6% rispetto al mese precedente e dell’1,1% su base annua. “Una debacle”, ha commentato l’Unione Nazionale Consumatori, che avverte: “Ulteriori dazi rischiano di infliggere il colpo di grazia a un settore già fragile”.

Le prospettive restano incerte

L’iter giudiziario è appena iniziato, ma la partita è già da tempo politica ed economica. Se da un lato Trump rilancia la retorica dell’America First, dall’altro cresce la consapevolezza globale dei rischi di una nuova ondata protezionista. La mossa della corte potrebbe segnare un precedente importante nella limitazione dei poteri del presidente in materia di commercio. Ma se il caso finirà alla Corte Suprema, si aprirà una stagione di incertezza che potrebbe influenzare gli equilibri internazionali proprio alla vigilia delle presidenziali statunitensi. Nel frattempo aziende e investitori si trovano in un limbo, sospesi tra la speranza di un ritorno a regole condivise e il timore di una nuova escalation. In gioco non ci sono solo tariffe, ma il modello di globalizzazione a cui il mondo si è affidato negli ultimi decenni.

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