
Emanuele Orsini, 51 anni, presidente di Confindustria dal maggio 2024
Ci sono voluti sei mesi di trattative serrate, ma alla fine l’accordo è arrivato. Il nuovo contratto specifico di lavoro (Ccsl) per oltre 60mila dipendenti di Stellantis, Cnh, Iveco e Ferrari è realtà: aumento del 18,66% in quattro anni, ovvero 350 euro in busta paga, e un premio una tantum da 480 euro. Ma la Fiom-Cgil, ancora una volta, è tagliata fuori. A firmare, infatti, sono stati Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Associazione Quadri. Il contratto prevede un aumento del 6,6% nel biennio 2025-2026 (140 euro al mese), a cui si sommano 240 euro a giugno 2025 e altri 240 ad aprile 2026 come bonus una tantum.
Dall’altra parte, la Fiom – che non riconosce il Ccsl nato nel 2010 dopo la rottura con il contratto nazionale – aveva chiesto di firmare almeno un verbale d’intesa. Ma le aziende hanno chiuso la porta. "C’è un pregiudizio nei nostri confronti – denuncia Samuele Lodi, responsabile automotive della Fiom – Non hanno voluto fare un accordo con noi. È una scelta grave che conferma l’esclusione sistematica di chi la pensa diversamente".
"Abbiamo lavorato per proteggere i lavoratori e tutelare la competitività dell’impresa", spiega Giuseppe Manca, responsabile HR di Stellantis Italia. Soddisfatta la Fim: "Ora serve rilanciare il piano industriale" dice il segretario generale Ferdinando Uliano.
La partita, però, non è solo sindacale. Il rinnovo Stellantis arriva in un momento in cui il tema salariale è tornato al centro dell’agenda economica. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, plaude al confronto e lancia un appello alla "vera contrattazione: basta accordi-pirata, i salari devono crescere con la produttività", con la consapevolezza che bisogna affrontare "sfide nuove, come ad esempio l’intelligenza artificiale".
Nel suo intervento all’assemblea congiunta di Confindustria Piemonte e Novara Vercelli Valsesia, Orsini insiste sul tema della centralità dell’industria, avvertendo: "Non possiamo continuare a parlare solo di fondi per le armi. Vanno messe al primo posto le emergenze sociali, i giovani, la povertà". E, in vista dell’incontro del 26 giugno con i sindacati, propone: "Sediamoci e ragioniamo insieme. Ma non torniamo indietro. Rimettere in discussione il Jobs Act sarebbe una follia".