Lo Stato non paga: le imprese aspettano 55,6 miliardi di euro

Secondo la Cgia, il Ministero più lento nel saldare le fatture dei propri fornitori è quello dell'Interno. Ritardo di oltre due mesi rispetto alle scadenza di legge

Fattura elettronica: dall'1 luglio 2022 i nuovi obblighi

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Non c’è soltanto la crisi energetica che colpisce le imprese italiane. Da anni, infatti, le nostre aziende fanno i conti con un problema insidioso e più pesante di un macigno: i ritardi nei pagamenti da parte dello Stato. Con i fornitori di beni e servizi che vengono liquidati con mesi di ritardo rispetto alle scadenze previste dalla legge. Dal 2013, infatti, a seguito del recepimento della direttiva europea contro i ritardi di pagamento, i tempi per saldare le transazioni tra enti pubblici e privati non possono superare i 30 giorni (60 per alcune forniture, come quelle sanitarie). Secondo gli ultimi dati, tra lo Stato e le sue amministrazioni periferiche i debiti commerciali per spese correnti, quindi non per gli investimenti, ammontano a 55,6 miliardi di euro.

Un milione di imprese coinvolte

Nel complesso, ogni anno le commesse di enti pubblici verso i privati valgono circa 150 miliardi e le imprese coinvolte sono quasi un milione. Sul tema la Cgia ha redatto una scheda nella quale ha raccolto i dati relativi all’Indicatore di Tempestività dei Pagamenti (Itp), una misura che calcola il tempo medio dei pagamenti rispetto ai termini di legge. Si tratta in pratica di un voto sulla puntualità di un ente nel saldare le proprie fatture. Puntualità che, nel 2021, è stata una qualità rara. Già perché dalle pagelle stilate dalla Cgia, emerge che sono tantissimi i ritardatari.

Ministeri e regioni: i ritardatari

Tra i ministeri, quello più lento a pagare i fornitori è quello dell’Interno con un Itp pari a +67,09: in media i suoi uffici ci hanno messo oltre due mesi in più rispetto a quanto stabilito dalla legge per liquidare i propri fornitori. Seguono il Ministero dell’Agricoltura con +42,28 e la Difesa con +32,75. Tra le amministrazioni regionali, invece, i maggiori ritardi nel saldare le fatture si sono registrati in Abruzzo con 62 giorni oltre la scadenza contrattuale, in Basilicata con 39,57 e in Campania con un ritardo medio di 9,74 giorni. Tra i comuni, invece, la situazione più critica si è verificata a Napoli, con uno sforamento dei termini di legge di 228,15 giorni. Seguono, a distanza, Lecce, con un Itp di 63,18 e Salerno (61,57). Tra le Asl, infine, quella di Napoli 1 Centro ha pagato con un ritardo di 43,77 giorni, l’Usl Toscana Nord Ovest con 22,34 e la Napoli 2 Nord con 16,92.

L'incidenza sul Pil

Insomma, un quadro non certo incoraggiante per gli imprenditori che decidono di entrare in affari con la pubblica amministrazione. Eppure una soluzione ci sarebbe. Ovvero prevedere per legge la compensazione tra debiti fiscali e crediti commerciali. Come spiega la Cgia, soprattutto in questo momento, "senza liquidità a disposizione, tanti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori si trovano in grave difficoltà". Certo, negli ultimi anni qualcosa, soprattutto in seguito al recepimento della direttiva europea, è migliorato. Tuttavia, tra i Paesi Ue l’Italia continua a essere quello con la maggiore incidenza di debiti commerciali della pubblica amministrazione sul Pil. Nel 2021, questi hanno infatti pesato per il 3,1%, contro lo 0,8% della Spagna, l’1,2% dei Paesi Bassi, l’1,4% della Francia e l’1,6% della Germania. Facciamo peggio persino della Grecia che, con un debito pubblico l’anno scorso al 203% del Pil, ha registrato un’incidenza dei crediti incagliati pari all’1,7%.

La segnalazione della Corte di Conti

Non solo. La Corte dei Conti ha segnalato che negli ultimi anni si sta consolidando una tendenza che vede gli enti pubblici privilegiare il pagamento in tempi brevi delle fatture di importo elevato e ritardare intenzionalmente la liquidazione di quelle più leggere. Una modalità che penalizza le piccole imprese che, generalmente, lavorano in appalti o forniture per cifre contenute. Va detto che i ritardi dei pagamenti dello Stato è un problema annoso, che ha portato la Corte di Giustizia Europea condannare, con sentenza del 28 gennaio 2020, l’Italia per la violazione dell’articolo 4 della direttiva UE 2011/7 sui tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra amministrazioni pubbliche e imprese private.