Sprechi alimentari: guardare, annusare, assaggiare. Il cibo batte la data di scadenza

In Gran Bretagna le catene della grande distribuzione hanno deciso di togliere le diciture. L’Ue mantiene l’obbligo. La differenza tra "consumare entro" e il termine minimo di conservazione

Sprechi alimentari, i dati

Sprechi alimentari, i dati

Roma, 8 agosto 2022 - Via libera al consumo del cibo senza più l’assillo delle "scadenze". È quello che sta succedendo in Gran Bretagna per combattere gli sprechi alimentari per cui nell’Ue (dati 2018) sono finiti nella spazzatura 88 milioni di tonnellate di prodotti, il 10% buttati perché era stata superata la data di consumo in etichetta. Nel Regno Unito dopo grandi catene della distribuzione come Telco, Mark&Spencer e Morrisons, nei giorni scorsi anche Waitrose, gruppo da oltre 7 miliardi di sterline di ricavi, ha annunciato che da settembre eliminerà la dicitura "da consumarsi preferibilmente entro" in 500 prodotti freschi, inclusi agrumi, insalate e verdure, per ridurre gli sprechi alimentari.

Di fatto eliminare la dicitura vìola le normative europee – ma la Gran Bretagna si è tolta dalla Ue – che obbligano a indicare sulla maggior parte degli alimenti preconfezionati la cosiddetta "scadenza". Un obbligo, ricorda Ermanno Coppola, responsabile qualità di Coldiretti, che prevede solo poche eccezioni come il sale, lo zucchero o l’ortofrutta, esclusa però la quarta gamma, come le insalate pronte. Le etichette prevedono due diciture. Una più stringente, usata per prodotti come latte e latticini, yogurt e formaggi freschi, carne e pesce, che prevede un limite ("da consumare entro") che rappresenta una vera e propria data di scadenza oltre la quale il prodotto non può essere né consumato, né venduto, perché potrebbe costituire un pericolo per la salute.

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La seconda riportata su conserve di pomodoro, confetture di frutta, miele, olio, pasta, riso, biscotti, prodotti in scatola, riguarda invece il Termine minimo di conservazione (Tmc). Con la scritta "da consumare preferibilmente entro" si indica una data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue caratteristiche organolettiche, gustative o nutrizionali. Dopo si può considerare ancora sicuro per la salute, può essere consumato entro un intervallo di tempo ragionevole ma potrebbe perdere alcune caratteristiche.

La scarsa conoscenza delle informazioni riportate sulle confezioni, secondo Altroconsumo, è tra i fattori che portano cibo normalmente commestibile a finire nella spazzatura. Tanto che, secondo un’inchiesta dell’associazione, solo il 37% degli italiani comprende la differenza fra data di scadenza e Termine minimo di conservazione. Per evitare lo spreco alimentare, oltre all’impegno di realtà come Banco Alimentare e Last Minute Market, è arrivata anche in Italia la App Too Good to go che ha lanciato l’iniziativa Etichetta consapevole. E quindi la dicitura "Spesso Buono Oltre" che appare sui prodotti con il Tmc per incoraggiare i consumatori a utilizzare i propri sensi prima di gettare un prodotto. Grazie alla collaborazione con i partner che hanno introdotto l’etichetta consapevole su alcune referenze (Bel Group, Fruttagel, Granarolo, Gruppo VéGé, La Marca del Consumatore, NaturaSì, Nestlé, Raineri, Raspini Salumi, Salumi Pasini, Wami) sono stati messi in commercio più di 10 milioni di prodotti che lasciano il libero arbitrio al consumatore per consumarli anche dopo la data indicata. E forte del fatto che il 73% di persone interviste abbia risposto di sentirsi ispirato dall’Etichetta consapevole a guardare, annusare, assaggiare il prodotto prima di gettarlo, l’obiettivo è di arrivare a 50 milioni di confezioni quest’anno in virtù anche di nuovi partner.

Del resto, se quello dell’etichettatura resta un obbligo che continuerà a essere rispettato dalle catene Gdo in Italia, per Giorgio Santambrogio, vice presidente di Federdistribuzione e ad del gruppo VèGè, essendo molti alimenti ancora consumabili se conservati correttamente oltre il Tmc, sarebbe importante incentivare campagne di informazione, lasciando la scelta al consumatore. Più rigida Coldiretti che boccia le scelte inglesi perché "con la scusa di ridurre lo spreco si rischia di tagliare di fatto la qualità". Il solito tentativo dei Paesi del Nord Europa "di livellare il cibo sulle tavole europee a uno standard inferiore al nostro" mentre, chiosa Coppola, "non è detto che senza date si riducano gli sprechi alimentari perché i consumatori sarebbero più incerti e confusi".