Giovedì 25 Aprile 2024

Sostenibilità generazionale per la transizione del Paese

Migration

ESISTE UNA FORMA di sostenibilità che abilita il sistema-Paese a realizzare le grandi rivoluzioni che dominano lo sviluppo globale, dalla transizione green alla digitalizzazione. Ma non se ne discute, non fa notizia, non interessa granché la classe politica. la "sostenibilità generazionale": l’hanno rimessa meritoriamente al centro della scena i Giovani Imprenditori di Confindustria, nelle Tesi presentate venerdì scorso dal numero uno Riccardo Di Stefano a Rapallo (in alto a sinistra) per il meeting annuale del movimento, alla presenza di tutti i principali leader della politica italiana. Senza "sostenibilità generazionale", infatti, non è immaginabile per l’intero sistema-Paese raggiungere la velocità e la profondità del cambiamento richiesto in questa fase di "nuova" globalizzazione. I fronti sui quali misurarla sono numerosi e di grande importanza. Il primo è l’attuazione del PNRR: un utilizzo inefficace dei fondi europei – che rappresenta un rischio concreto, alla luce del deficit di project managing delle nostre Pubbliche Amministrazioni – minerebbe la competitività del Paese secondo Di Stefano "rovesciando su conti pubblici e welfare l’ipoteca di tagli pesanti, pesantissimi", con l’inevitabile conseguenza che "a pagarne il conto sarebbero sempre i giovani".

Il secondo fronte della "sostenibilità generazionale" è in realtà una ferita antica per l’Italia: gli investimenti in formazione. "Per lungo tempo – ricostruisce il leader dei Giovani Imprenditori di Confindustria – siamo stati uno dei pochi Paesi europei in cui la spesa per gli interessi è stata superiore a quella per l’istruzione: un enorme ostacolo agli investimenti e al rinnovamento". Oggi non è cambiato l’approccio di sistema: manca una strategia-Paese in questo ambito, prevale ancora un modello episodico e di scarso coordinamento tra pubblico e privato. Ma perché si realizzi davvero "sostenibilità generazionale", occorre una scelta politica forte. Gli imprenditori under 40 di Confindustria la invocano a gran voce: mettere i giovani al centro della vita economica del Paese. "Insistiamo sull’inserimento degli under 40 nei board delle società di Piazza Affari, dove la media dei componenti resta over 60" ha affermato Riccardo Di Stefano, convinto che si debba replicare per i giovani il modello già sperimentato in Italia e in Europa per le "quote rosa". A maggior ragione, è necessario favorire il protagonismo dei giovani nel mondo del lavoro.

I Giovani Imprenditori chiedono alla politica di far propria la proposta di taglio da 16 miliardi di euro del cuneo fiscale e contributivo lanciata dal Presidente di Confindustria Carlo Bonomi (in alto a destra), di semplificare gli incentivi alle nuove assunzioni di under 35, di valorizzare l’apprendistato che rappresenta il percorso di inserimento nel mondo del lavoro più efficace e vantaggioso sia per i giovani che per le imprese. Se la de-natalità sta già privando l’Italia di parte delle energie più giovani, far fruttare al meglio quelle che abbiamo diventa un imperativo morale. Ce lo ricordano i Giovani Imprenditori, prima che sia davvero troppo tardi.

[email protected] @FFDelzio

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro