"SOSTEGNO ALLE BIOMASSE, LA TRANSIZIONE ENERGETICA NE HA BISOGNO"

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È NECESSARIO promuovere una gestione efficiente del parco bioenergetico italiano e stimolare l’applicazione di soluzioni innovative che favoriscano la decarbonizzazione. Questo l’appello che Elettricità Futura e tutte le associazioni del settore – Aiel, Anpeb, Assitol, Assoebios, Assograssi, Confagricoltura, Cib, Distretto produttivo La nuova Energia, Ebs, Fiper e Itabia – hanno lanciato dal Key Energy di Rimini attraverso la firma del ‘Manifesto delle Bioenergie’. Al governo le associazioni chiedono l’adeguamento del Pniec ai target del Green Deal con il rafforzamento del ruolo della biomassa; il mantenimento in esercizio del parco di centrali ad oggi in funzione, preservando e incrementando il suo valore; la stabilizzazione del mercato dei bioliquidi e dei biocarburanti double counting e avanzati; il riconoscimento del ruolo degli impianti a servizio di realtà manifatturiere; la valorizzazione delle filiere locali e la creazione di una prospettiva di medio termine per gli investitori.

L’obiettivo – come spiega Antonio Di Cosimo, presidente dell’Associazione Energia da Biomasse Solide (Ebs) che rappresenta i principali produttori di energia elettrica rinnovabile da biomasse solide e raggruppa 19 operatori e 22 impianti di taglia superiore ai 5 MW su tutto il territorio nazionale – è "richiamare l’attenzione delle istituzioni sull’importante contributo delle biomasse solide nella transizione energetica. Le biomasse solide hanno il vantaggio della programmabilità e di poter garantire una continuità d’esercizio e quindi di produzione energetica pari a oltre 8 mila ore l’anno che corrispondono a ben 333 giorni di operatività. Il loro impatto positivo si realizza poi sull’occupazione, sul contenimento dei prezzi dell’energia e per i benefici ambientali generati attraverso il modello dell’economia circolare. Un contributo che diventa cruciale nella corsa agli obiettivi di decarbonizzazione previsti al 2030 e al 2050 e per la riduzione dell’impatto ambientale". Temi, questi ultimi, al centro della COP26 in corso a Glasgow.

Il settore delle biomasse solide – intese come la parte biodegradabile ricavata dalla manutenzione dei boschi e delle attività agricole e agroindustriali – attinge per la produzione di energia elettrica, principalmente da: gestione del bosco, residui di campo delle aziende agricole, sottoprodotti derivanti dall’espianto; sottoprodotti lignocellulosici come la paglia; residui delle attività di lavorazione dei prodotti agroalimentari e forestali, biomassa vergine ottenuta dalla lavorazione del legno (esclusa dal regime dei rifiuti) e anche, in minor parte, da colture dedicate agricole e forestali. Sul fronte ambientale si stima che la produzione degli impianti Ebs, pari ad oltre 3 milioni di MWh l’anno – attraverso l’uso di circa 3,5 milioni di tonnellate di biomassa solida di cui oltre il 90% proviene dall’Italia – eviti l’immissione in atmosfera di 1,5 milioni di tonnellate di CO2, rispetto ai combustibili fossili. "Numeri che – sottolinea Di Cosimo – potrebbero crescere ulteriormente raggiungendo un aumento di produzione del 30% anche solo ampliando gli impianti esistenti. In questo modo si genererebbe un mix virtuoso in cui le biomasse, per la loro regolarità, ‘completerebbero’ la produzione delle altre fonti rinnovabili intermittenti come l’eolico e il fotovoltaico".

Ad oggi, tuttavia, il settore delle biomasse solide, che pesa per il 40% sull’intero comparto delle bioenergie, – denuncia il presidente di Ebs – non vede alcuna certezza a livello normativo sul sistema degli incentivi: "Ciò purtroppo non solo compromette l’opportunità di nuovi investimenti in tecnologia, quanto mai necessari per contribuire all’imprescindibile obiettivo di decarbonizzazione, ma costringerà le nostre imprese a chiudere le centrali esistenti". Secondo le stime di Ebs, il mancato rinnovo degli strumenti di promozione dell’energia rinnovabile prodotta da biomasse solide genererebbe un ulteriore gap sugli obiettivi al 2030. Vi sarebbe, inoltre, un forte impatto sui settori agricolo e agroindustriale (filiera vitivinicola ed olearia); agroforestale; e sull’indotto con la perdita di 5mila posti di lavoro. Senza contare che le biomasse sono una delle poche fonti rinnovabili programmabili. Infine, se non venisse opportunamente destinata in impianti controllati, la biomassa combustibile potrebbe essere oggetto di abbruciamenti in campo o fermentazioni spontanee con conseguente maggiori e nocive emissioni di CO2 e PM 2,5 in atmosfera.

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