Sos Mediterraneo Italia bocciata nella lotta alla crisi climatica

Migration

CLIMA, inquinamento, uso del suolo e del mare e specie non autoctone. Queste, secondo la comunità scientifica, le minacce che minano l’equilibrio del Mediterraneo. Il livello medio del mar Mediterraneo è aumentato di 6 centimetri negli ultimi 20 anni e – secondo il rapporto pubblicato nel 2020 dagli esperti dalla rete indipendente di scienziati MedECC – è probabile che questa tendenza acceleri. È, inoltre, "praticamente certo" che il riscaldamento della superficie del mare fino a 4 gradi Celsius continuerà in questo secolo. Un fenomeno che rappresenterà una delle grandi emergenze dei prossimi dieci anni. Nel medio e lungo termine l’innalzamento del livello dei mari dovuto al cambiamento climatico accresce la vulnerabilità dell’Italia e aumenta il rischio di inondazioni delle città costiere. In alcuni centri, come Venezia, il rischio è addirittura più grave per fenomeni di subsidenza, ovvero lenti abbassamenti della superficie terrestre dovuti a cause naturali o antropiche. L’Ipcc, il panel intergovernativo che funge da supporto scientifico alla Conferenza Onu sul cambiamento climatico, ha sottolineato che i flussi finanziari annuali per il clima devono aumentare da tre a sei volte per soddisfare il fabbisogno medio annuo da qui al 2030 se si vuole limitare il riscaldamento al di sotto dei 2 gradi.

Per limitare il riscaldamento medio globale a 2°C gli sforzi al 2030 – evidenzia l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (nella foto a destra la presidente Marcella Mallen) nel Rapporto ASviS 2022 – devono essere quattro volte superiori e sette volte superiori per gli 1,5°C. L’anomalia termica raggiungerà gli 1,5°C nei prossimi cinque anni con una probabilità del 48%. "In Italia la comunità scientifica chiede che la lotta alla crisi climatica venga posta in cima all’agenda politica e offre il suo contributo per elaborare soluzioni e azioni concrete, ma i loro appelli – avverte l’ASviS – sembrano cadere nel vuoto. L’Italia fa fronte agli impegni presi per il Global Climate Fund in maniera insufficiente".

Dal recente report Unece-Unep emerge, inoltre, come il Mar Mediterraneo resti fortemente sovrasfruttato e come l’inquinamento marino, proveniente sia da fonti terrestri (ad esempio sostanze nutritive, plastica e prodotti chimici) sia da fonti marine (plastica e petrolio), continui a essere un problema nella maggior parte delle regioni marine.

In tale scenario, tuttavia, il nostro Paese sembra mostrare ancora un’attenzione del tutto marginale all’argomento mare e all’attuazione dei Target del Goal 14 dell’Agenda Onu 2030 ‘Vita sott’acqua - Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile’. Dall’analisi dell’ASviS risulta che l’Italia non riuscirà a raggiungere il target europeo, che prevede di porre fine alla pesca eccessiva entro il 2030. Da qui l’appello dell’Alleanza affinché vengano adottate politiche appropriate per una decisa inversione di tendenza, anche considerando che secondo il Sustainable development solution network l’Italia è tra i peggiori dieci Paesi al mondo per quanto riguarda la pesca da stock ittici collassati o sovrasfruttati. L’Alleanza invita, inoltre, ad accelerare l’attuazione della Strategia marina UE del 2008 per recuperarne i ritardi assumendo le indicazioni della relazione annuale sul Capitale naturale e sottolinea come "la prevenzione dell’inquinamento del mare richieda la visione olistica delle politiche, in particolare la promozione dell’agricoltura sostenibile e la qualità delle acque interne".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro