Repower Europa, scossa alle energie rinnovabili

Repower Europa, scossa alle energie rinnovabili

Repower Europa, scossa alle energie rinnovabili

PER UNA SINGOLARE eterogenesi dei fini, la tragedia dell’Ucraina potrebbe diventare il "cavallo di Troia" per sciogliere in Italia l’intricatissimo nodo delle autorizzazioni per la costruzione o ricostruzione di impianti di produzione delle energie rinnovabili. Contro l’invasore russo è scesa in campo infatti l’Unione Europea, che in due mesi ha costruito un piano per rendere il Vecchio Continente indipendente dal gas di Putin entro 5 anni. Si tratta di Repower EU , un’iniziativa che per volume di risorse impiegate si posiziona accanto al Next Generation EU: il nuovo Piano prevede uno stanziamento complessivo di circa 300 miliardi di Euro, divisi fra 225 miliardi di sovvenzioni e finanziamenti, mentre solo 75 miliardi come prestiti.

Il Piano affronta la crisi energetica determinata dall’invasione russa in Ucraina scegliendo una strada ben precisa, differente (in parte) rispetto alle strategie che stanno mettendo in atto i singoli Paesi membri: lo sviluppo e la diffusione delle energie rinnovabili, affiancato da un’attività consistente di saving di energia nei consumi quotidiani. E per dare una scossa alla produzione delle energie rinnovabili, facendole diventare dunque il 45% in più rispetto a quelle attuali entro l’anno 2030, si prevede nel Piano un nuovo modello di permitting: procedure più rapide per la concessione delle autorizzazioni alla costruzione di un nuovo impianto produttivo o alla riconversione di uno già esistente. L’idea di base del Piano Repower EU è di chiedere agli Stati membri di individuare entro un anno delle zone adatte per l’installazione di nuova capacità rinnovabile (go-to areas). Al loro interno i nuovi progetti dovranno avere tempi di autorizzazione di massimo un anno, mentre per il repowering di impianti con capacità inferiore ai 150 kW si scende a 6 mesi. Fuori dalle go-to areas, i tempi del permitting dovranno al massimo raddoppiare (rispettivamente a 2 anni e 1 anno). Tutte le procedure dovranno essere facilitate da un punto di contatto nazionale, designato dallo Stato per gestire in modo efficace e univoco i contatti con le aziende.

Il nuovo sistema autorizzativo proposto dalla Commissione UE è stato letto e accolto con particolare interesse alle nostre latitudini. Oggi realizzare impianti rinnovabili in Italia è infatti un processo lungo, oneroso e incerto. Se da una parte le norme europee (direttiva RED II) stabiliscono attualmente che per le procedure delle nuove installazioni verdi vi sia un limite di due anni di tempo, dall’altra parte in concreto gli impianti rinnovabili in Italia registrano un ritardo di quasi 6 anni. E le imprese italiane devono sostenere i costi più alti d’Europa per ottenere l’autorizzazione. Queste criticità mettono a rischio la realizzazione del 46% dei progetti presentati, soprattutto a causa della molteplicità di istituzioni coinvolte e della mancanza di un soggetto competente unico e centralizzato in grado di gestire interamente il procedimento. Di conseguenza i progetti finiscono oggi in un sistema farraginoso, complesso e stratificato senza un adeguato coordinamento delle attività e un’unicità di indirizzo. Repower EU potrebbe rappresentare la scossa che il nostro sistema, imballato all’interno, attendeva da fuori (come spesso è accaduto negli ultimi 20 anni). Ma il rischio che anche queste indicazioni vincolanti sui tempi rimangano, nel nostro Paese, lettera morta è concreto.

[email protected] @FFDelzio

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