Giovedì 18 Aprile 2024

PRO-GEST DÀ UN FUTURO GREEN ALLA CARTIERA DI MANTOVA

Pro-Gest

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DA DOVE PASSA la transizione ecologica? Come potrà conciliare sviluppo economico e tutela ambientale? Mantova da qualche anno è diventata un laboratorio dei progressi e delle contraddizioni di un processo che ora l’Europa ci impone. La punta di diamante, o il casus belli, nella città dei Gonzaga, ha le forme eleganti e mastodontiche della grande cartiera che sorge alla periferia est della città. L’ex Burgo (nella foto in basso), un capolavoro di architettura, e oggi di archeologia industriale, ideato dal genio di Pier Luigi Nervi e realizzato tra il ‘60 e il ‘64. All’esterno è un enorme parallelepipedo di cemento, acciaio e vetro, sospeso tra due cavalletti, alti decine di metri. Da lì ha dominato per decenni la crescita dell’industria mantovana, concentrata sul lato orientale dei laghi che circondano al città. Fino alla crisi profonda del mercato della carta da giornali e alla chiusura della cartiera, allora appartenente al gruppo Burgo, nel 2012.

Da allora ad oggi è cambiato tutto e il tema della transizione ambientale è apparso in tutte le due sfaccettature. In breve, nel 2015 il gruppo veneto Pro-Gest compra la cartiera, investe dai 240 a 300 milioni per ammodernarla e recuperare lo storico edificio, ci monta dentro una macchina continua unica in Europa e seconda nel mondo, promette di dare lavoro a 150 persone. L’operazione sull’ex Burgo, però, si incaglia, e per sbloccarla l’unica strada è la rinuncia, da parte della proprietà, alla costruzione di un inceneritore che avrebbe dovuto bruciare i residui non riciclabili della lavorazione (il pulper dacartiera) e dare energia al colossale impianto. Le resistenze locali, le strettoie burocratiche e forse l’effetto Nimby (Not in my back yard, non nel mio giardino) hanno di fatto ritardato la messa in produzione della cartiera, attivata solo dal novembre 2020. Oggi l’impianto gira al 70% del potenziale, ma dovrebbe andare a regime nei prossimi mesi.

"Non voglio fare polemiche – esordisce Francesco Zago (nella foto in alto), amministratore delegato e figlio del fondatore di Pro-Gest Bruno Zago – da anni però ricordo che in Germania ce lo avrebbero imposto l’inceneritore, sarebbe rientrato nelle Bat (Best available techniques, le migliori pratiche) dettate per impianti del genere". Zago – che è presidente dell’associazione europea di produttori di carta ed è stato vicepresidente italiano – aggiunge un elemento: "Nessuna cartiera in Italia ha un suo inceneritore, dico nessuna. Il che significa per noi riciclare meno carta, spostare i rifiuti in inceneritori lontani, avere più costi, perdere competitività". È il sistema-paese che ci perde, rincara l’imprenditore: "I miei colleghi europei lo sanno e non investono qui. Qualche numero? Germania, produce 10 milioni tonnellate di carta da imballaggio, ne consuma 7 e ne esporta 3. Noi ne produciamo 2,8, ne consumiamo 4, dobbiamo importare la differenza".

Il colosso Pro-Gest, pur avendo ‘pagato’ un anno di mancata produzione, ha le spalle larghe: nel terzo trimestre 2021, infatti, ha realizzato ricavi per 514 milioni, +35% rispetto al 2020, con un Ebitda di circa 68 milioni. Nei suoi 24 stabilimenti sparsi da Nord a Sud, con 1.200 dipendenti e vari primati produttivi europei, ha compensato tempi e perdite. Da ultimo ha trasferito nel Mantovano a Castelbelforte, la Ondulati Maranello, storico fabbrica emiliana di cartone, con un investimento milionario, 150 assunzioni a regime e un obiettivo di fatturato per 60 milioni l’anno. Il problema dell’impatto ambientale resta però tutto aperto: le cartiere come l’ex Burgo, pur producendo residui di lavorazione, risolvono in parte il problema dei rifiuti. Ma il ciclo integrato, che vorrebbero le aziende, non è ancora una soluzione accettata. Gli enti locali, Comune e Provincia di Mantova nel caso specifico, cercano un punto di equilibrio tra le esigenze della popolazioni e quelle dell’industria, pur nell’ottica della transizione ecologica. Il risultato è stato vincolare Pro-Gest a una serie di prescrizioni rigorose e di fermare il termovalorizzatore. Ma anche in via Roma, sede del Comune, è radicata una certezza: "Il problema dei rifiuti è complesso, gli inceneritori non sono l’unica soluzione, ma di certo ogni territorio dovrà arrivare all’autosufficienza nello smaltimento. Altrimenti continueremo ad assistere al ‘turismo della monnezza’".

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