Multinazionali in fuga da Mosca

FUGA DA MOSCA. Dal giorno dell’invasione russa dell’Ucraina si susseguono i clamorosi passi indietro dalle multinazionali: chiusura di joint venture pluri-decennali, abbandono di nuovi progetti, rimpatrio dei dipendenti. Quello che sta andando in scena è un vero e proprio esodo di massa del grande business internazionale in diversi settori, ma soprattutto nel mondo dell’energia, il più rilevante per l’economia russa. Il primo annuncio choc è arrivato dal gigante petrolifero britannico Bp. Il più grande investitore straniero in Russia ha abbandonato la sua partecipazione del 20% nella compagnia petrolifera di Stato Rosneft, una mossa che potrebbe comportare una svalutazione di 25 miliardi di dollari e tagliare la sua produzione globale di petrolio e gas di un terzo.

Il giorno dopo è toccato a Shell prendere una decisione analoga. Citando "l’insensato atto di aggressione militare" della Russia, la multinazionale britannica ha comunicato l’abbandono della partnership con Gazprom, gigante del gas russo controllato dallo Stato, dell’impianto di gas naturale liquefatto Sakhalin-II e del suo coinvolgimento nel progetto del gasdotto Nord Stream 2, che la Germania ha già bloccato la scorsa settimana. I due progetti valgono circa 3 miliardi di dollari. Dal Regno Unito alla Norvegia, l’elenco si allunga. Equinor, la più grande società energetica norvegese controllata dallo Stato, ha annunciato il ritiro dalle sue joint venture in Russia, del valore di circa 1,2 miliardi di dollari. Exxon Mobil si è aggregata ai fuggitivi, annunciando l’abbandono della Russia e delle sue attività stimate in 4 miliardi di dollari di valore. TotalEnergies, che ha una partecipazione in Novatek PJSC, produttore di gas indipendente della Russia, ha detto invece che non investirà più in nuovi progetti in Russia ma non si è spinta fino a interrompere le attività già avviate.

Anche Eni si sfila da una partnership in Russia. "Per quanto riguarda la partecipazione congiunta e paritaria con Gazprom nel gasdotto Blue Stream (che collega la Russia alla Turchia), Eni intende procedere alla cessione della propria quota", afferma un portavoce del gruppo, precisando anche che "l’attuale presenza di Eni in Russia è marginale. Le joint venture in essere con Rosneft, legate a licenze esplorative nell’area artica, sono già congelate da anni, anche per le sanzioni internazionali imposte a partire dal 2014".

e. c.

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