Sono 2,5 milioni i lavoratori da sostituire in cinque anni

Le previsioni occupazionali sviluppate da Unioncamere.

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di Franca Ferri

Saranno 2,5 milioni gli occupati da sostituire entro fine 2024 per pensionamento o per altre cause. Il dato emerge dall’ultimo aggiornamento (luglio 2020) del modello di previsione dei fabbisogni occupazionali, sviluppato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior da Unioncamere. Il fabbisogno reale di lavoratori oscillerà fra l’1,9 e i 2,7 milioni, a seconda dell’andamento del Pil e di altre variabili. Lo scenario peggiore comporterebbe una perdita di circa 556mila unità a fine quinquennio, mentre nell’ipotesi migliore la ripresa economica genererà nel quinquennio 2020-2024 un incremento di circa 179mila lavoratori.

Il settore privato trascinerà il fabbisogno di lavoratori, soprattutto per il turnover: la forbice va da 1,2 a 2 milioni di unità, mentre il pubblico impiego chiamerà circa 720mila nuove posizioni, un numero in aumento rispetto al recente passato. Infine, oscilla fra le 400mila e le 600 mila il fabbisogno di lavoratori autonomi.

A livello di ripartizione territoriale, sarà il Nord Ovest ad avere bisogno della quota maggiore di occupati (609mila844mila unità), seguito dal Nord Est (492mila665mila unità), dal Mezzogiorno (500mila661mila unità), e – in misura minore – dalle regioni del Centro (361mila527mila unità).

Tra quest’anno e il 2021 la domanda sarà trainata dalla filiera ‘salute’ con una richiesta dalle 223mila alle 241mila unità lavorative. Seguono ‘altri servizi pubblici e privati’, con una domanda tra 145mila e 170mila occupati, e ‘formazione e cultura’, tra i 152mila e i 169mila professionisti. Si tratta per lo più di fabbisogni espressi dal comparto pubblico che nel primo biennio avrà un peso preponderante, soprattutto nel caso di scenario negativo. Nel privato, nonostante il turnover, le principali sofferenze riguarderanno la filiera ‘commercio e turismo’ (con un calo fra le 172mila e le 40mila unità; ‘legno e arredo’ (-55mila-9mila unità) e, per quanto riguarda lo scenario meno favorevole, per ‘moda’ (-55milamille unità), ‘Finanza e consulenza’ (-40mila43mila unità), ‘altre filiere industriali’ (-33mila8mila unità), ‘meccatronica e robotica’ (-10.40019mila unità) e ‘costruzioni e infrastrutture’ (-4mila43mila unità).

Ipotizzando una ripresa nel triennio 2022-2024, Unioncamere prevede una crescita di 456mila occupati in tre anni. E in questo caso l’aumento riguarderà soprattutto i dipendenti privati: più 355mila occupati (il 77% del totale), mentre per gli indipendenti si prevede un incremento di 80mila unità e per il comparto pubblico di 21mila lavoratori. A questi 456mila nuovi occupati si dovrebbero sommare 1,4 milioni in sostituzione (per lavoratori che vanno in pensione o lasciano per altri motivi), arrivando così aun fabbisogno di 1,9 milioni nel triennio. Nella ‘replacement demand’ sarà il pubblico a garantire la percentuale maggiore di sostituzioni (il 94% dei posti lasciati vacanti), a fronte dell’83% per gli indipendenti e del 67% dei dipendenti privati.

Sempre nel triennio 22-24, a riprendersi sarà la filiera ‘commercio e turismo’, con una richiesta di quasi 425mila unità; a seguire gli ‘altri servizi pubblici e privati’ e ‘salute’, con una domanda di 260mila professionisti ciascuno, e ‘formazione e cultura’, che avrà bisogno di 200mila unità nel triennio. Diverso il percorso della filiera ‘informatica e telecomunicazioni’, per la prevista una ulteriore accelerazione della trasformazione digitale: "Un rilevante ostacolo alla crescita di questa filiera sarà l’elevata difficoltà di reperimento di molte delle figure richieste", evidenzia Unioncamere.

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