Mercoledì 24 Aprile 2024

"Si può licenziare. Ma meglio di no" Confindustria frena le imprese

Lettera agli industriali: "Usate gli ammortizzatori, anche se siete liberi". Scoppia la polemica. E partono gli esuberi

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di Claudia Marin

Da ieri è scattata l’ora X che consente alle aziende manifatturiere (fatta eccezione per la filiera del tessile, delle calzature e della moda) e dell’edilizia di poter licenziare. E c’è già chi, come la multinazionale Abb di Marostica, nel Vicentino, ha avviato le procedure per la chiusura dello stabilimento, mandando a casa 60 persone. Ma saranno le prossime settimane di luglio a far capire se ci sarà la temuta valanga di licenziamenti o se le imprese si adegueranno all’avviso comune, firmato dal premier Mario Draghi, dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e dai vertici di Cgil, Cisl e Uil e associazioni datoriali, a partire da Confindustria.

Secondo quell’impegno condiviso, che non è, però, vincolante giuridicamente, le aziende dovranno ricorrere prima a tutti gli strumenti di protezione sociale e solo dopo potranno arrivare alla risoluzione dei rapporti di lavoro. È lo stesso Carlo Bonomi, presidente dell’associazione di Viale dell’Astronomia, del resto, a sottolineare il valore dell’intesa: "È una soddisfazione perché si torna a quello che aveva detto Confindustria a settembre: un grande Patto per l’Italia", chiedendo a questo punto di poter finalmente "vedere un testo di questa riforma", quella degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro "che il ministro continua ad annunciare".

Si dà il caso, però, che, sebbene non vincolante sul piano legale, una larga fetta della base associativa di Confindustria non abbia preso per niente bene proprio l’impegno sui licenziamenti assunto "politicamente" dal vertice. Non sono mancate proteste e mugugni, al punto che il direttore dell’Area lavoro e welfare di Confindustria, Pierangelo Albini, in una mail riservata inviata alle strutture territoriali ha di fatto svuotato di effetti l’impegno contenuto nell’avviso. Di fatto si spiega che "a valle dell’incontro, la presidenza del Consiglio ha chiesto a Confindustria la disponibilità a condividere, in un documento, gli orientamenti del governo esposti nel confronto con le organizzazioni sindacali". Ma – si puntualizza – "nell’assumere tale impegno, Confindustria ha inteso comunque salvaguardare la libertà delle imprese associate di assumere differenti determinazioni sulla base di valutazioni aziendali".

Insomma, "a seguito delle richieste di chiarimento pervenute e per evitare erronee interpretazioni del documento – insiste Albini – si conferma il tenore letterale dell’impegno assunto, che consiste unicamente nel raccomandare alle imprese il ricorso agli ammortizzatori sociali, laddove disponibili" per rinviare i licenziamenti. E, però, "naturalmente, non vi è ragione alcuna – si mette a fuoco – di privare della nostra assistenza le imprese che decidessero, in piena autonomia, di non seguire la accomandazione oggetto della dichiarazione congiunta". Il risultato pratico è che l’avviso comune finisce per non avere né un valore legale o contrattuale (che non poteva avere), ma neanche quello di una moral suasion politica, perché da Confindustria si fa sapere agli associati che si tratta di una mera raccomandazione. E che, dunque, chi vorrà licenziare avrà tutta l’assistenza del caso.

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