Martedì 23 Aprile 2024

Scontro su Atlantia, a un passo dalla revoca

La decisione del governo nel Cdm del 9 ottobre, ma c’è qualche spiraglio. La società attacca: senza concessione rischiamo il default

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A un passo dalla revoca delle concessioni ad Atlantia. Il governo è pronto a giocare l’ultima carta a sua disposizione per convincere il gruppo di Treviso non solo a uscire da Autostrade ma anche a mettere nero su bianco, nel cosiddetto "atto transattivo", la cessione della maggioranza a Cdp. La decisione formale arriverà fra dieci giorni, con un decreto ad hoc, da approvare venerdì 9 ottobre. Anche se di fatto l’esecutivo ha lasciato aperto uno spiraglio per la ripresa della trattativa. È stata una giornata carica di tensioni, conclusa con un lunghissimo vertice, presieduto dalla stesso premier, con i ministri dell’Economia, Roberto Gualtieri, e delle Infrastrutture, Paola De Micheli. Una riunione preceduta da una fitta rete di colloqui. E da un’ultima trattativa serrata con Cdp, alla ricerca di una soluzione.

In tarda serata arriva anche una nota di Atlantia, che confida nell’equilibrio di Conte, sottolineando che la holding dei Benetton ha di fatto accolto tutte le richieste dell’esecutivo. Tranne una, la clausola che di fatto obbliga la società a vendere a Cdp. Una tagliola e un’ipoteca sull’eventuale prezzo della cessione. Clausola che, fanno capire dalla cabina di comando del gruppo di Treviso, i soci esteri del gruppo (circa il 70% del capitale) non potrebbero digerire. Non solo. Se venisse accettata, potrebbero anche arrivare a un’azione di responsabilità verso gli attuali vertici del gruppo.

"Noi continueremo ad agire in totale buona fede, affinché possa essere trovata una soluzione equa, ragionevole, di mercato. La società confida nella capacità di mediazione e nell’equilibrio del presidente Conte e del suo governo, considerandolo un riferimento di garanzia per tutti", dichiara Atlantia. Inoltre, "la dismissione di Aspi può avvenire attraverso un processo trasparente e di mercato, in quanto gli azionisti di Atlantia non sono disposti ad approvare in assemblea soluzioni che non siano trasparenti e di mercato".

"Alla luce di tutto ciò non si capiscono le motivazioni di una eventuale revoca", puntualizza la società. Ma non basta. La revoca della concessione rischierebbe, infatti, di aprire un vero e proprio baratro finanziario, azzerando di fatto il valore di Aspi e portando al default della società. Un’operazione che rischia di aprire un buco di 16 miliardi e mettere a rischio oltre 7mila posti di lavoro. Una crisi "sistemica" con effetti anche sui bilanci delle banche coinvolte nelle operazioni di finanziamento. Per questo, fino a tarda sera, si sono studiati scenari alternativi. E sarebbero arrivate sul tavolo di Palazzo Chigi anche nuove proposte da parte di Cdp. Soprattutto sull’altro nodo, la manleva sui possibili risarcimenti per i danni indiretti causati dal crollo del ponte Morandi.

Atlantia aveva proposto una valutazione dei rischi con lo scorporo dei costi dal valore della società. Ma fra le ipotesi c’è anche la possibilità dell’emissione di obbligazioni o warrant di pari valore che potrebbero poi essere trasformati in azioni della società. Una strada che non convince i vertici di Atlantia, che preferirebbero una soluzione di "mercato" e senza vincoli sui possibili acquirenti. Malgrado lo stesso schema, fanno notare fonti vicine al dossier, sia stato utilizzato nel 2013, dalla stessa società, in occasione della fusione di Atlantia in Gemina.

Nell’attesa di una decisione definitiva si scaglia contro Atlantia il Comitato in ricordo delle 43 vittime del ponte Morandi: "Siamo scandalizzati da tanta arroganza, questa società dovrebbe mettersi in ginocchio e cospargersi il capo di cenere", afferma la presidente Egle Possetti.

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