Salario minimo in Italia, le proposte di legge. Cos'è e perché non piace a tutti

Parlamento al bivio: sul tavolo le proposte Catalfo e Orlando. La decisione è attesa in tempi rapidi

Protesta di rider per i diritti sul lavoro (Dire)

Protesta di rider per i diritti sul lavoro (Dire)

Roma, 6 giugno 2022 - La contrastata via italiana al salario minimo è oggi di fronte al bivio tra due opzioni: la proposta "affinata" dell’ex ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, di una paga oraria base di 9 euro lordi, e quella dell’attuale ministro del dicastero di via Veneto, Andrea Orlando, del cosiddetto "Tec", Trattamento economico complessivo, basato sui risultati della contrattazione collettiva dei singoli comparti. Un sentiero stretto, tra le due scelte rilevanti, che dovrebbe essere percorso in tempi rapidi, a partire da questa settimana, in Commissione Lavoro a Palazzo Madama, mentre è atteso tra oggi e domani il via libera alla direttiva europea dedicata allo stesso strumento di tutela delle retribuzioni più basse.

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Differenze col reddito di cittadinanza

Il salario minimo è la retribuzione base (oraria, settimanale o mensile) definita per legge per tutte le categorie di lavoratori o settore per settore, valida per un determinato periodo di tempo. Si tratta di una soglia inderogabile, al di sotto della quale non si può scendere né per accordi collettivi né per accordi individuali. Sono possibili, al contrario, intese per retribuzioni superiori. Lo strumento non va confuso col Reddito minimo di cittadinanza, che è una indennità assistenziale stabilita, anche a prescindere dallo svolgimento di attività lavorativa, a favore di cittadini che si trovano in determinate condizioni di disagio sociale o psico-fisico o che vivono al di sotto della soglia di povertà, individuata, come in Italia, da un dato Isee. Per i lavoratori poveri con famiglie numerose il Reddito potrebbe integrare il salario minimo.

La proposta Catalfo

In Italia si discute da anni di salario minimo e le proposte presentate sono numerose. Ma l’ultimo testo all’esame del Senato è quello finale dei grillini, predisposto dalla Catalfo e dalla presidente della Commissione Lavoro, Susy Matrisciano. Per tentare una mediazione con associazioni imprenditoriali e sindacati ostili a lasciare campo libero alla legge, si prevede che siano le parti sociali abilitate a stabilire il trattamento minimo complessivo, individuando come riferimento i contratti collettivi "leader", quelli siglati dai soggetti comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale nel settore specifico. Nel caso, però, che il minimo non venga individuato, perché i soggetti sociali non si accordano, o sia inferiore a una soglia barriera, scatta il salario minimo di 9 euro l’ora. A sostegno dell’iniziativa si citano non solo le cifre dell’Inps che indicano in 4,5 milioni il numero dei lavoratori sotto i 9 euro, ma anche specifici contratti collettivi: turismo (con trattamento orario minimo a 7,48 euro), cooperative nei servizi socio-assistenziali (7,18 euro), tessile e dell’abbigliamento (7,09 per il comparto abbigliamento), servizi socio-assistenziali (6,68), imprese di pulizia e dei servizi integrati (6,52 euro), servizi di vigilanza privata (6 euro).

La soluzione Orlando

Il ministro del Lavoro propone, a sua volta, di utilizzare il cosiddetto Tec, Trattamento economico complessivo, anch’esso definito, comparto per comparto, dalle parti sociali più rappresentative. All’apparenza, non sembra una via diversa rispetto a quella della Catalfo. Ma nella sostanza ci sono due elementi dirimenti che fanno la differenza: il Tec comprende ferie, Tfr, notturni, straordinari, quattordicesime. E, principalmente, non contempla una soglia minima-tagliola. Tutto è affidato alla contrattazione: è per questo che piace ai sindacati. Ma non ai vertici di Confindustria che, se devono scegliere, accettano maggiormente il minimo legale.

Le controindicazioni

Il timore principale dei sindacati, soprattutto della Cisl, ma anche della Uil, è che il salario minimo a 9 euro lordi l’ora finisca per scardinare i contratti collettivi con un trattamento più elevato, perché le imprese sarebbero spinte a "mettersi a posto" con quella cifra. Dall’Istat, invece, è arrivato un altro allarme: "Un salario minimo troppo elevato potrebbe scoraggiare le assunzioni o spingere verso il lavoro irregolare". In un’audizione parlamentare del 2019, peraltro, l’Ocse avvertì che un minimo di 9 euro l’ora sarebbe stato il livello più alto se parametrato al potere d’acquisto, come quello del Lussemburgo. Non è trascurabile, infine, l’onere aggiuntivo di costo del lavoro che riguarderebbe le piccole e medie imprese: si stima in 6-7 miliardi di euro.