Venerdì 19 Aprile 2024

I sacchetti di frutta e verdura a pagamento. Arriva un'altra eurotassa

Da gennaio il prezzo nello scontrino della spesa. Protestano i consumatori

Sacchetti per l'ortofrutta

Sacchetti per l'ortofrutta

Milano, 20 ottobre 2017 - L’hanno già chiamata la tassa sui sacchetti della frutta e della verdura anche se non si tratta di un’imposta, perché nelle casse dello Stato entrerà solo l’Iva al 22 per cento. Dal prossimo 1° gennaio i sacchetti nei quali mettiamo le pere, le mele, l’insalata o le zucchine, non saranno più gratuiti ma a pagamento.

Un obbligo previsto, recependo la direttiva europea 720 del 2015, dal DL Mezzogiorno del 3 agosto. La norma ha obbligato gli Stati dell’Unione a varare provvedimenti atti a ridurre il consumo e l’abuso dei sacchetti di plastica, nocivi per l’ambiente. Quelli che si comprano alle casse, per mettere la spesa, già da alcuni anni si pagano (in media 10 centesimi) e per legge devono essere biodegradabili.

Quelli che invece utilizziamo per mettere la frutta e la verdura e di cui ne utilizziamo circa 8 miliardi l’anno contrariamente a quello che si pensi, sono di polietilene, in gran parte fabbricati in Cina. E sono la causa, avverte Marco Versari, presidente di Assobioplastiche, non solo di uno spreco di consumi (tanto sono gratis) ma anche di un uso distorto perché vengono utilizzati per la raccolta differenziata ma in realtà non sono biodegradabili.

Dal 1° gennaio , le nuove norme obbligano i commercianti, dal piccolo negozio ai mercati e al grande centro commerciale, a utilizzare per l’ortofrutta ma anche altri cibi freschi come la carne o il pesce solo sacchetti monouso prodotti con materiali ecocompatibili e riutilizzabili.

Sacchetti che dovremo obbligatoriamente pagare alla cassa, con il prezzo inserito nello scontrino, altrimenti i commercianti rischiano multe salate da 2.500 a 25mila euro e fino a 100mila se la violazione del divieto riguarda ingenti quantitativi di borse di plastica o se il valore delle buste fuori legge è superiore al 10 per cento del fatturato del trasgressore. Contro questo aggravio della spesa, con la stima di un costo a sacchetto tra i 2 e i 10 centesimi, sono già scesi in campo i consumatori.

«Non siamo contrari alla filosofia della norma che impone una riduzione degli sprechi e un’attenzione all’ambiente – spiega Emilio Viafora presidente di Federconsumatori – ma perché questo costo lo deve pagare chi fa la spesa? Se è giusta la battaglia contro la plastica che inquina i mari, sarebbe anche giusto non farla pesare sui consumatori. Cinquanta centesimi in più quando si fa la spesa possono sembrare pochi, ma moltiplicati per tutte le volte che si va al supermercato e per famiglie che fanno fatica a tirare la fine del mese, rappresentano un aggravio ingiustificato».

Un costo che, avverte Versari, non può essere affatto considerato come una tassa e difficilmente sarà di 10 centesimi a sacchetto, essendo quelli della frutta e verdura almeno quattro volte più piccoli di quelli che si comprano alle casse. Del resto l’obbligo del pagamento ha fatto sì che proprio l’uso dei sacchetti della spesa sia diminuito del 50 per cento.

E sostituire i sacchetti cinesi di plastica per la frutta e la verdura con quelli biodegradabili, che vede una forte presenza delle aziende italiane, sarà un vantaggio per la filiera produttiva del nostro Paese. Oltre che per l’ambiente. Una scelta che vede la Gdo, aggiunge il presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli, già pronta a recepire la nuova direttiva. Convinta della sua importanza, con l’auspicio che venga seguita da tutto il mondo del commercio, anche dai piccoli negozi, dagli ambulanti dei mercati o dai venditori a chilometro zero dove, sottolinea Versari, non sempre la legge anche per i sacchetti della spesa biodegradabili è stata rispettata in questi anni.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro