Ryanair vola verso un mondo sostenibile «Aerei più efficienti e tasse ambientali eque»

Intervista a Kenny Jacobs, Chief marketing officer

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«Due anni fa di ambiente non parlava nessuno, ora è l’argomento principale in ogni tipo di azienda»: a dirlo è Kenny Jacobs, Chief Marketing Officer di Ryanair. «È un processo spontaneo, lo vediamo nei comportamenti individuali dei consumatori».

Come lo capite?

«Diciotto mesi fa abbiamo inserito la ’carbon contribution’ all’acquisto del biglietto. Cresce pian piano, oggi lo fa circa il 3% dei nostri clienti, il che equivale al 9% dei biglietti emessi (perché ognuno acquista una o più tratte)».

Ci sono differenze?

«È una sensibilità più spiccata nei giovani: il 25% dei nostri clienti europei under 35, Scandinavia e Germania in testa, acquista anche la carbon contribution. I giovani ragionano in termini ambientali in tutte le loro scelte, non solo per gli spostamenti».

Quanto costa?

«Meno di quel che si crede: 3 euro. È una cifra che i giovani sono disposti a pagare, anche se il costo del biglietto è basso».

Come si agisce su larga scala?

«Ci sono tre campi d’azione. Il primo riguarda le compagnie: bisogna volare con aerei più nuovi, con motori che utilizzano meno carburante, e volare a pieno carico».

Quanto è ’giovane’ la vostra flotta?

«Sei anni, come la media europea, anche se ci sono compagnie importanti che la superano abbondantemente. E che hanno aerei vecchi sul lungo raggio: significa che per ogni chilometro l’emissione di C02 è di 300 grammi, mentre nei nostri voli la media è 66 grammi»

Chi altro può fare qualcosa?

«I produttori: servono nuove tecnologie con motori più efficienti e che consumino meno. È un investimento di lungo periodo, ma ogni nuova generazione di aerei abbassa il consumo del 20%. Si può migliorare l’efficienza del controllo aereo: in Europa ridurre le attese per l’atterraggio porterebbe a una riduzione del 10%»

È realistico pensare di utilizzare i biocarburanti?

«Per ora no. Se decidessimo di passare ai biocarburanti, sul mercato non ne troveremmo a sufficienza nemmeno per i soli voli in Italia. Le compagnie petrolifere sono il terzo fattore su cui bisogna far pressione, perché sviluppino la ricerca sui biocarburanti»

Poi c’è chi vuole nuove tasse sul trasporto aereo...

«Attenzione, noi non siamo contrari alle tasse, diciamo solo che devono essere eque. Bisogna mettere i consumatori in grado di valutare tutte le opzioni (aereo, treno, auto), sia per i costi che per l’impatto ambientale».

Una richiesta a Bruxelles?

«Non replicare le tasse ambientali nazionali che già ci sono (ad esempio ogni anno noi paghiamo 630 milioni di euro), ma armonizzare la tassazione fra da Stato a Stato. E correggere le disparità esistenti: a oggi non si pagano tasse ambientali per i voli con connessione e per quelli a lungo raggio. Un vero controsenso».

Oggi però tutti i riflettori sono sulla plastica...

«Abbiamo già rimosso il 50% di plastica non riciclabile sui nostri voli, ad esempio con bicchieri di materiale compostabile. Completeremo il processo entro il 2020-2023»

Come va con le nuove regole per i bagagli a mano?

«Molto bene. Quando le abbiamo introdotte, 14 mesi fa, c’è stato un iniziale smarrimento. Poi i passeggeri hanno visto che funziona, che l’imbarco è più scorrevole, e ora lo apprezzano».

Soddisfatti del mercato italiano?

«Avremo un tasso di crescita del 2%, rispetto al 3% in Europa. Sono valori bassi rispetto alla nostra media dell’8-9%, dovuti allo stop al volo dei nuovi Boeing 737 Max e ai ritardi nelle consegne».

Quando partiranno?

«Aspettiamo tutte le autorizzazioni di sicurezza. Dovrebbero ripartire in dicembre negli Stati Uniti, in Europa da gennaio. Prevediamo le prime consegne per febbraio, entro giugno dovremmo averne 30».

Il turismo è uno dei punti di forza dell’Italia: si può fare di più?

«A nostro avviso, non c’è abbastanza ’turismo da weekend’, quello per cui i visitatori arrivano per tre giorni anche nel mesi più freddi, da novembre a febbraio»

Piani di sviluppo per l’Italia?

«Aspettiamo i nuovi aerei, poi vedremo le rotte»

Ci sono conseguenze dopo il fallimento di Thomas Cook?

«Noi non avremo contraccolpi, ma quando un grosso nome salta in aria, ci rimette tutta la filiera. Probabilmente vedremo il fallimento di altri tour operator e compagnie aeree, soprattutto piccoli. E i grandi diventeranno più grandi. Questi consolidamenti saranno una tendenza inevitabile dei prossimi anni, insieme all’attenzione all’ambiente, e alle partnership fra grosse compagnie e low cost».

E Brexit, se mai avverrà?

«Non credo che per noi cambierà molto. C’è già l’accordo per i viaggiatori inglesi ed europei da e per l’Inghilterra. Bisognerà trovare una soluzione che funzioni per il confine fra Irlanda e Irlanda del nord. E chissà, magari fra 25 anni gli inglesi ci ripenseranno e chiederanno di tornare nella Ue».

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