In Russia crolla il Pil: scarseggia la valuta estera

Il Fmi: nel 2022 la ricchezza nazionale cala dell’8,5% e frena l’economia globale Metà delle riserve congelate, la governatrice Nabiullina minaccia azioni legali

La governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina (58 anni)

La governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina (58 anni)

Altro che blitzkrieg fallito. Il proclama di Putin si infrange sul muro della realtà. E una raffica di meno racconta l’economia di Mosca. Più che primavera, sembra un inverno russo. E se è vero che "le riserve non sono infinite", come rammenta preoccupata la presidente della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, non lo sono neppure le disponibilità di valuta estera negli istituti di credito che ogni giorno aprono i battenti nelle città della Federazione. Rispetto a qualche settimana fa, infatti, si registrano carenze che alcuni utenti percepiscono come mancanze. Il quadro è complicato: da una parte l’azione di erosione generata dalle sanzioni occidentali, dall’altra la ragnatela di regole architettate dalla Banca centrale russa che fa figli e figliastri tra Paesi più o meno ostili. In questo labirinto le banche tirano il freno, gestiscono la moneta con più cautela. E si allungano i tempi delle operazioni.

Non sono bei sintomi. Le cifre degli indicatori economici sono ancora più brutali. Nei giorni scorsi la Banca mondiale ha annunciato per il 2022 un crollo dell’11,2% del Pil russo. Il Fondo monetario internazionale, che prevede un rallentamento dell’economia mondiale, alla voce Russia scrive un -8,5% e lo chiama "ampia contrazione". Tra i due dati c’è una forbice di tre punti che non cambia la sostanza: sarà recessione. L’inflazione si declina già al presente. Rispetto a un anno fa è cresciuta del 17%. E in un mese, dal febbraio al marzo scorsi, ha fatto registrare un picco del 7,6%. Galoppa. Invece, gli scambi commerciali con l’Europa si sono arenati. La Banca mondiale stima cali del 30,9% dell’export e del 35,2% dell’import. L’embargo anti-Putin nega soprattutto macchinari industriali a una potenza tanto ricca di materie prima quanto affamata di tecnologia. La Nabiullina fa i salti mortali per provare a resistere. Ci riesce grazie all’assegno da un miliardo circa che i Paesi europei staccano ogni giorno per far scorrere nelle condutture gas e petrolio russi. Ma non solo. Ha alzato il tasso di interesse fino al 20% per rendere più sexy i nuovi titoli di Stato denominati in rubli. E ha ordinato ai colossi degli idrocarburi di convertire in moneta nazionale l’80% degli introiti incassati in dollari e in euro. È per questo che Putin due giorni fa ha potuto celebrare la "stabilità del rublo". Eppure, il livello di allarme è altissimo.

«Non possiamo più vivere di riserve", ha detto la Nabiullina alla Duma lunedì scorso. Dieci giorni fa le riserve internazionali della Russia ammontavano a circa 609,4 miliardi di dollari, comprendendo 481,4 miliardi di dollari in valuta estera e 131,5 miliardi in oro. Oggi la metà di esse non è disponibile. Risorse che "non sono state sequestrate ma non possiamo usare". La governatrice ha parlato di "congelamento senza precedenti", minacciando "azioni legali in ogni sede". Più serafico l’ex presidente russo Dmitry Medvedev. "La guerra economica contro la Russia non avrà successo – dice –, perché il Paese ha un potenziale intellettuale e il capitale umano per uscire dalla situazione attuale come vincitore". Si vedrà. Di certo, afferma il capo economista del Fmi, Pierre-Olivier Gourinchas, "la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia hanno aumentato anche il rischio di una frammentazione permanente dell’economia globale in blocchi geopolitici con standard distinti su tecnologie, sistemi di pagamento transfrontalieri e riserve valutarie". Come trenta e passa anni fa, quando una cortina di ferro spezzava il mondo in due.