Mercoledì 17 Aprile 2024

Dalle pensioni al reddito di cittadinanza. Tutti i dietrofront del governo

Dall'annuncio dello strappo in manovra al bagno di realtà imposto dal dialogo con Bruxelles. Come sono partiti e come verranno rimodulati i provvedimenti-bandiera di Lega e Cinque Stelle

Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini (Ansa)

Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini (Ansa)

Roma, 5 dicembre 2018 - Dalla foto dal balcone di Palazzo Chigi, con il vicepremier Luigi Di Maio trionfante per aver portato a casa il reddito di cittadinanza strappando un impegnativo 2,4% di rapporto deficit/Pil, al premier Giuseppe Conte che nelle ultime ore si muove tra la Capitale e Bruxelles per scongiurare la procedura di infrazione dell’Europa, senza temere di farsi fotografare assieme al tanto bistrattato presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. È la parabola lungo la quale si colloca l’inizio della legge di Bilancio e il tentativo in corso di ridurre l’impatto negativo che ha avuto e potrebbe avere la condanna della nostra manovra da parte dell’Europa. In mezzo, un progressivo rinunciare alle bandiere che Lega e 5 Stelle avevano sventolato in campagna elettorale ma anche nel contratto di governo. Un bagno di realtà che ha visto il Carroccio in vantaggio, perché di fatto Matteo Salvini aveva ammainato il vessillo della flat tax prima ancora che la legge di Bilancio cominciasse la sua navigazione parlamentare. Tant’è che alla fine nel pacchetto fiscale c’è solo un rafforzamento del bonus forfait previsto dai governi precedenti per le partite Iva. Ugualmente, per le pensioni si è partiti da quota 100 senza vincoli e si è arrivati con quota 100 con finestre, divieto di cumulo e slittamenti. Per non parlare della proroga dell’Ape social e di opzione donna. E senza contare che la stessa uscita anticipata è prevista solo per un triennio in attesa di vedere come vanno i conti. I grillini, invece, sono più drastici nel mantenere le posizioni sul reddito di cittadinanza, ma dovranno anche loro fare i conti con le risorse da trovare per scendere almeno al 2 per cento nel rapporto deficit-Pil. E così anche il loro reddito potrebbe diventare una sorta di Rei, Reddito di inclusione, rinforzato.

QUOTA 100

LA PARTENZA - Il pacchetto pensioni prevedeva lo smantellamento della riforma Fornero, a partire dall’introduzione della quota 100 (come somma di contributi ed età) per andare in pensione anticipata rispetto ai requisiti attuali. Senza vincoli di sorta. A questo si aggiungeva l’altra via d’uscita costituita da quota 41, cioè la possibilità di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi a prescindere dall’età.

L'ARRIVO - Innanzitutto quota 100 durerà solo per tre anni, dal 2019 al 2021, dopo si vedrà. Con il miraggio-auspicio di passare a quota 41. Inoltre, la via d’uscita anticipata sarà conseguibile solo nella combinazione 38 anni di contributi e 62 di età, con disincentivi dovuti a finestre e vincoli. Tutte soluzioni che avvicinano la formula a quella ipotizzata dal Pd nella scorsa legislatura. E che si sommano alla proroga dell’Ape social o dell’opzione donna a tutto il 2019, tutte misure lanciate dai democratici.

FLAT TAX 

LA PARTENZA - L’impianto originario del programma fiscale soprattutto della Lega prevedeva la flat tax al 15% per imprese e famiglie. Obiettivo ambizioso che mirava a semplificare e abbassare il carico di tasse sulle spalle degli italiani. Purtroppo, però, la realizzazione è stata realisticamente abbandonata o spalmata su più anni. Nel paniere compariva anche il taglio delle accise sui carburanti.

L'ARRIVO - Rinviata la sforbiciata sull’Irpef per le famiglie, restano i provvedimenti per imprese e professionisti. L’Ires scende dal 24% al 15% per le aziende che reinvestono gli utili in macchinari, in ricerca o in assunzioni stabili. La flat tax al 15% assorbe Iva, Irpef e Irap ma vale solo per i redditi sotto i 65mila euro (contro gli attuali tetti di 30mila e 50mila euro): uno sviluppo dei forfait del governo precedente. Di contro, vengono abolite l’Iri e l’Ace. Risultato: solo il 7% delle imprese pagherà meno; il 30% sborserà di più.

REDDITO DI CITTADINANZA 

LA PARTENZA - Il reddito di cittadinanza targato 5 Stelle prevedeva un assegno da 780 euro mensili di media per 5 milioni di poveri. L’importo aumentava a seconda del nucleo: per una famiglia composta da un genitore e un figlio minore di 14 anni, sarebbero dovuti esserci 1.014 euro mensili. Per le famiglie molto numerose si potevano superare i 2mila euro al mese, il tutto per una durata imprecisata.

L'ARRIVO - I dettagli della misura simbolo per i 5 Stelle sono tutti da scoprire. Il nodo è capire quante risorse saranno disponibili e, da lì, quali saranno la platea dei destinatari (ieri Di Maio ha confermato 5 milioni di persone), l’ammontare mensile, i vincoli e la durata. Alla fine, il Reddito di cittadinanza potrebbe quindi configurarsi come un rafforzamento del Reddito di inclusione introdotto nella scorsa legislatura. I parametri per ottenere il sussidio sono sempre l’Isee, il possesso della casa e dell’auto.

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