Residenza “falsa”, vita sempre più dura per i furbetti: controlli a sorpresa

Lo sancisce un'ordinanza della Corte di Cassazione, relativa ad un ricorso fatto da una donna

Quando si cambia residenza e si invia relativa domanda all'ufficio anagrafe, il Comune effettua controlli a sorpresa, che non devono essere “previamente concordati” con l'interessato. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con l'ordinanza 8982, secondo la quale, eventualmente, l'interessato può indicare al Comune, fornendo adeguata motivazione, i momenti in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione.

Un ufficio anagrafe
Un ufficio anagrafe

Il Comune, in questo modo, potrà quindi di programmare i propri controlli 'a sorpresa' nelle altre ore del giorno. E chi non viene trovato in casa durante i sopralluoghi sarà cancellato dal registro dell'anagrafe.  Un provvedimento che è valido anche se la cancellazione non viene comunicata all'interessato.

La Cassazione

L'ordinanza della Cassazione arriva a seguito del ricorso di una donna, che aveva indicato la propria residenza in un immobile di cui era proprietaria e amministratrice, e facendola coincidere con il proprio luogo di lavoro, nello specifico uno studio professionale. La signora contestava il fatto che i sopralluoghi del Comune erano avvenuti tutti dalle 10 alle 12, e solo nei giorni feriali, quando lei si trovava fuori per lavoro. Per la Cassazione, però, la signora avrebbe dovuto eventualmente indicare gli orari in cui certamente non sarebbe stata in casa, perché in ogni caso i controlli del Comune devono restare 'a sorpresa'. L'obiettivo, infatti, è quello di scovare i 'furbetti', che prendono la residenza in un'abitazione per ragioni 'di comodo', principalmente per pagare meno tasse o per percepire il reddito di cittadinanza, ma che in realtà non vi abitano.

Cosa prevede la legge

I controlli sulla residenza abituale di chi ha chiesto l'iscrizione all'anagrafe del Comune vengono effettuati solitamente dalla polizia municipale, o comunque da personale comunale. La verifica viene fatta entro 45 giorni dalla presentazione della domanda. Decorsi i 45 giorni, se non ci sono comunicazioni da parte del Comune, vale il silenzio assenso e dunque la domanda si ritiene perfezionata. Il controllo da parte del Comune è 'personale', quindi viene effettuato per ogni singola persona che risiede nella casa e che è tenuta a dimostrare di viverci abitualmente. Chi, nel momento dell'iscrizione al registro dell'anagrafe “rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso” è punito ai sensi del codice penale, in questo caso (reato di falso ideologico) con una pena detentiva che va da un minimo di tre mesi ad un massimo di due anni. La pena è ancora più alta – da 2 a 6 anni – se si dichiara una finta residenza per percepire il reddito di cittadinanza.

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