Recovery fund Troppe attese, molte incognite

Bruno

Villois

Il Recovery Fund sta diventando l’ultima spiaggia per il nostro sistema socio-economico. L’entità delle cifre e la parte a fondo perduto – pur molto minoritaria com’è giusto che sia – sono straordinari e possono costituire il fondamento su cui basare la ripresa e renderla consistente e duratura. Di fronte a tanta importanza ci vorrebbe un’altrettanto straordinaria attenzione da parte del mondo politico di non sbagliare neppure una mossa per non disperdere o non riuscire a utilizzare anche un solo euro. Sarebbe indispensabile preparare i progetti e far partecipare alla loro stesura i vertici dei corpi intermedi delle categorie economiche. Ad oggi però neppure se ne parla e mentre il tempo corre via non ci si sta preparando a dare attuazione alle iniziative che dovranno far ripartire la nostra economia. Purtroppo in assenza di un piano concordato tra il decisore (il governo e la politica) e l’attuatore (le categorie economiche), si rischia un gigantesco flop che metterebbe definitivamente ko la nostra economia. I governi precedenti, così come l’attuale, hanno stanziato miliardi e miliardi di euro per dare corso a programmi di sviluppo che non sono neppure mai iniziati, causa burocrazia, o si sono allungati a tal punto da apparire quasi inutili, o sono stati inficiati da infiltrazioni malavitose o corruzioni. Per evitare il ripetersi di tali situazioni, diventa indispensabile definire e concordare chi fa cosa e come, identificando come interlocutori trasparenti e garanti dell’effettuazione le rappresentanze economiche, le quali a loro volta dovrebbero essere attive e dare corso a propri investimenti, garantendo trasparenza, tempistica e risultato.

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