Rapporto Inps 2022, cresce gender gap: stipendi donne -25% rispetto a uomini

Pensioni più povere: con trent'anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l'ora, un lavoratore a 65 anni percepirebbe una assegno di appena 750 euro. La relazione del presidente Tridico alla Camera

Roma, 11 luglio 2022 - Incremento delle disuguaglianze nel mondo del lavoro legate al genere e all'età, pensioni destinate a essere sempre più povere senza un'inversione di tendenza, l'impatto di pandemia e guerra in Ucraina, le possibili soluzioni per rilanciare il mondo dell'occupazione non solo a livello quantitativo ma anche qualitativo. Questi alcuni dei temi emersi nella discussione sul Rapporto annuale dell'Inps. La relazione alla Camera del presidente dell'istituto Pasquale Tridico ha fornito uno spaccato di un'Italia che prova a ripartire dopo il biennio della pandemia Covid, ma che è ancora lontana dai target dell'Unione Europea, e che deve fare i conti con una crescente disuguaglianza nel mondo del lavoro che si rifletterà nei prossimi anni anche su un ulteriore impoverimento a livello pensionistico.

Per le donne le buste paga restano anche nel 2021 decisamente più leggere di quelle maschili: il gender gap non sembra registrare appannamenti di sorta e consegna una retribuzione media di 24.415 euro, 15% inferiore a quella media complessiva e 25% più bassa di quanto percepito dagli uomini. Ciò dipende innanzitutto dal maggior peso, tra le donne, "sia della componente part-year, per di più con durate medie più corte, sia della componente a part time". La retribuzione media effettiva pro capite, comunque, al netto della Cig, è stata pari, nel 2021, a 24.097 euro (23.107 nel 2020) quasi in linea con il livello del 2019 (-0,2%) a fronte di un aumento del numero di persone che ha lavorato per frazioni ridotte dell'anno (part-year). La retribuzione media delle donne nel 2021 risulta pari a 20.415 euro.

Nel rapporto si legge di un monte redditi e retribuzioni nel 2021 sopra i 600 miliardi, in modesto incremento in termini nominali quindi rispetto al valore del 2019, ma al contempo i redditi sono in calo se si tiene conto dell'inflazione. Le dimissioni lavorative sono cresciute a 1,1 milioni nel 2021 e il 60% dei lavoratori dimissionari sono poi riusciti a trovare una ricollocazione.

Secondo quanto emerge dalla relazione, i lavoratori dipendenti che percepiscono meno di 9 euro lordi l'ora in Italia hanno raggiunto i 3,3 milioni, il 23,3% del totale, mentre i pensionati con redditi pensionistici inferiori a mille euro al mese erano hanno raggiunto il 32% del totale, più di 5 milioni di cittadini. A questo proposito, il calcolo dell'Inps riflette come con trent'anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l'ora, un lavoratore a 65 anni percepirebbe una pensione di appena 750 euro. La ricetta per il sistema Italia passa attraverso misure incisive sul mondo del lavoro e dell'occupazione, in primis, quella di un salario minimo legale. Ma è di fondamentale importanza il tema delle pensioni: "Un'ulteriore ragione che induce a preoccuparsi del fenomeno della povertà lavorativa di oggi è il fatto che chi è povero lavorativamente oggi, sarà un povero pensionisticamente domani", ha detto Tridico.