Mercoledì 24 Aprile 2024

"Ragazze, aprite la mente Solo così si può innovare"

I consigli dell’oceanografa spaziale Marie-Héléne Rio, in forza all’Esa di Frascati

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di Marco Principini

ROMA

Scruta i fondali e le acque dall’alto, intercetta le correnti marine e scrive la storia degli oceani in relazione a Terra, atmosfera e ghiacciai. Professione: oceanografa spaziale. Marie-Héléne Rio (nella foto), ingegnera francese, da due anni è in forze alla sede di Frascati dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Lì si studia la Terra vista con gli occhi dei satelliti. L’ingegner Rio ci è arrivata dopo vent’anni da ricercatrice in una filiale del Centro spaziale francese. "Quando mi sono iscritta all’Università, in Francia, a Ingegneria eravamo solo dieci donne su 120 studenti…", racconta. "Fa parte della nostra cultura: io sapevo, facendo un percorso di ingegneria, che sarebbe stato così. Questo dovrebbe cambiare. E penso che forse oggi un po’ sia cambiato", ragiona la scienziata. "All’ultimo anno di università, mi sono specializzata sulle tecniche di osservazione spaziale della Terra. Poi ho fatto un master in oceanografia, e infine un master in oceanografia spaziale sull’uso dei dati". Quindi, vent’anni di ricerca scientifica. "Sono stata per alcuni anni responsabile di un gruppo di ricerca di otto persone e sei di queste erano donne. Quando sono arrivata all’Esa due anni fa, in Italia, ho trovato un gruppo di lavoro in cui su 25 persone le donne erano solo quattro. E devo dire che all’inizio mi sono dovuta un po’ ri-abituare, mi ha fatto un po’ effetto".

Qual è la squadra migliore per lavorare?

"Né l’una né l’altra lo sono. Arricchiscono l’equilibrio e la diversità. Ovviamente uomini e donne hanno modi diversi di lavorare e di pensare, di relazionarsi. Ma queste differenze ci possono solo arricchire. Se siamo un gruppo o di soli uomini o di sole donne il rischio è che si rimanga soli con i propri codici, in una zona di conforto che è più sterile. È essenziale avere un bilancio in pareggio".

In Esa, organizzazione internazionale che coordina da 45 anni i progetti spaziali di 22 Paesi europei e di cui l’Italia è il terzo per contributo si parla molto di gender balance...

"In effetti ci sono ormai linee guida per migliorare la parità, le cose stanno cambiando ed è molto positivo. Se alcuni cambiamenti sono lenti è solo perché c’è un storia dietro: tradizionalmente la maggioranza è maschile".

Ci sono differenze tra uomini e donne in campo scientifico?

"Le differenze ci sono, sì, siamo diversi. All’Esa, ma in tante società aerospaziali, si parla molto di innovazione: lo trovo interessante, perché per innovare bisogna avere la mente aperta e questo passa anche dall’essere circondati da persone diverse. Sennò ciascuno resta nella sua zona, con i suoi codici, e innovare non si può".

Cosa direbbe a una ragazza in procinto di iscriversi all’Università?

"Di farlo. Io ci sono arrivata per un sogno di bambina. È la cosa più importante: se uno ha un desiderio, se si vuole seguire una strada, niente ci deve fermare anche se ci sono difficoltà. Anche se una ragazza può sentirsi bloccata perché in alcuni corsi c’è una netta prevalenza maschile, bisogna farlo, bisogna lanciarsi: solo così possiamo cambiare le cose".

L’appello della scienziata a non farsi intimorire dai numeri e da una storia centenaria trova riscontro pieno nelle statistiche sulla presenza femminile nelle facoltà Stem: in Italia solo 12 donne su 1.000 si laureano in discipline Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e il loro stipendio è inferiore a quello dei ragazzi fin dal primo anno. È quanto emerge dalla fotografia relativa alle giovani donne laureate in discipline scientifiche, tecnologiche e matematiche presentata nel corso della quarta edizione di StartupItalia Open Summit (#Sios19), evento di riferimento per startupper e investitori.

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