Quoziente familiare, i pro e i contro secondo gli esperti

La professoressa Rapallini dell'Università di Firenze: "Il sistema favorisce le famiglie più numerose, ma anche quelle più ricche e penalizza le donne. Meglio detassare gli stipendi dei giovani"

Quoziente familiare, pregi e difetti. Secondo un'indagine Eurispes risalente all'ormai lontano 2008, l'introduzione in Italia del modello di tassazione del reddito francese garantirebbe alle famiglie un risparmio medio d'imposta di circa 800 euro e un minor gettito per lo Stato di tre miliardi di euro. Uno studio molto più recente, realizzato dal professor Paolo Brunori dell'Università degli Studi di Firenze insieme a Irpet, l'istituto regionale per la programmazione economica della Toscana, pubblicato nel 2020 sull'International Journal of Microsimulation dice qualcosa di diverso, e cioè che il quoziente familiare risulterebbe conveniente solo per famiglie numerose (da due figli in su) e con redditi elevati, e che la perdita del gettito per lo Stato raggiungerebbe i 15 miliardi. Chiara Rapallini, professore associato di Scienza delle Finanze all'Università di Firenze, esperta in materia, ci spiega cos'è il quoziente familiare e i pro e i contro del sistema di tassazione che il governo è intenzionato a introdurre, a partire dal Superbonus per le unifamiliari.

Famiglia
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Cos'è e come si calcola il quoziente familiare

“Il quoziente familiare è un modo di tassare il reddito. Attualmente il nostro sistema di tassazione è individuale. Se supponiamo che in una famiglia ci sia una coppia che lavora, l'Irpef viene applicata al reddito dei due coniugi, separatamente. Con il quoziente familiare si prevede invece un quoziente, appunto, per il quale viene diviso il reddito complessivo della coppia e sul quale viene applicata l'Irpef”. L’imposta così ottenuta è poi moltiplicata per questo stesso quoziente per calcolare l’imposta dovuta dalla coppia. In sostanza si prende la somma dei redditi dei percettori all'interno di un nucleo familiare e si dividono per il quoziente, che assegna a ciascun componente della famiglia un certo peso. Prendendo per esempio come riferimento la scala di equivalenza adottata in Italia per calcolare l’Isee, il primo adulto pesa 1, il secondo 0,57, il primo bambino 0,47 e il secondo pesa un po' meno, lo 0,42, in quanto si presume che alcune spese fisse previste per il primo (per esempio passeggino, lettino, casa più grande) non siano da sostenere per il secondo.

I pro e i contro

“Il quoziente familiare – spiega la professoressa Rapallini – tratta con un certo favore le famiglie, riducendo loro l'onere tributario, e il vantaggio è tanto più ampio quanto sono più numerose. Il rovescio della medaglia è che si tratta di un sistema che riduce l'onere fiscale in maniera molto consistente per le famiglie che hanno redditi più alti”. Per quale motivo? “Perché nel momento in cui sommo i redditi dei due coniugi e li divido per il quoziente, sto applicando le aliquote a un reddito che a quel punto è diventato abbastanza basso. Se l'imposta è progressiva, queste famiglie finiscono nei primi scaglioni di reddito”. E se il primo percettore ha un reddito molto alto e il secondo un reddito medio, l'aliquota del percettore con il reddito più alto si va a schiacciare verso quella di chi ha il reddito più basso. “Per questo è un sistema che agevola sì le famiglie numerose, ma anche quelle più ricche".

Penalizzate le donne

Il quoziente familiare, spiega l'esperta, penalizza le donne che, almeno in Italia, nella coppia sono in larghissima maggioranza il percettore del reddito più basso. Applicando il quoziente familiare, infatti, l'aliquota media applicata al reddito delle lavoratrici si sposta verso quella del percettore del reddito più alto. “Si scoraggia di fatto la donna, dopo aver avuto il primo o il secondo figlio, a entrare nel mondo del lavoro o a mantenere la posizione lavorativa”, sottolinea la docente.  “Di conseguenza, non è nemmeno un sistema che aiuta la famiglie italiane ad avere più figli, in quanto per avere due figli nella società contemporanea bisogna avere due redditi, altrimenti il rischio di povertà, legato alla disoccupazione, è molto alto”. Infine, Introdurre il quoziente familiare alla francese è un'operazione molto costosa, che farebbe perdere il 60% del gettito.

La proposta: meno tasse per i giovani

“Se si vuole aiutare le famiglie a fare figli, bisogna far sì che possano contare su due fonti di reddito sicure anche nelle fasi di ingresso nel mercato del lavoro. Per incentivare la natalità e sostenere le famiglie la soluzione potrebbe dunque essere quella – afferma la professoressa Rapallini - di differenziare la tassazione a favore dei più giovani. Se pagassero meno imposte sul reddito da lavoro, sia gli uomini sia le donne e nella stessa misura, i loro stipendi sarebbero più alti e avrebbero le risorse per non fermarsi al primo figlio, ma arrivare anche al secondo”. “La strada del quoziente familiare – prosegue – a mio avviso non è quella giusta, perché è una strada vecchia, con in mente un tipo di famiglia che non esiste più. L’idea di famiglia che il quoziente familiare vuole favorire è quella nella quale la donna è incentivata a non lavorare, per rimanere a casa a crescere i figli, mentre all’uomo si riducono le imposte in misura tanto più consistente quanto più il suo salario è alto”. 

Quoziente familiare e Isee

Il quoziente familiare potrà sostituire l'Isee? “L'Isee – risponde la docente dell'Università di Firenze – ha già un numero al suo interno. Anche per calcolare l'Isee si sommano i redditi familiari e si dividono per un numerino, un quoziente appunto. Può darsi che il governo stia studiando un numero uguale per calcolare sia l'Isee che l'Irpef. Dovremmo però non applicare tout court il quoziente familiare alla francese, ma calcolarne uno che si basi sulla nostra situazione demografica e quindi favorisca la nascita di un secondo figlio (mentre quello francese è stato introdotto per passare dal secondo al terzo figlio)”.