Primo sciopero di Amazon, guerra di cifre. Nel mirino il modello delle consegne lampo

Non era mai successo, lo stop di Cgil, Cisl e Uil ha coinvolto tutta la filiera: adesione al 75%. L’azienda replica: "Falso, solo il 10%". Dal click sul pc al fattorino che arriva a casa, ecco come funziona il colosso che, con la pandemia, registra profitti record

Il primo sciopero di Amazon (Imagoeconomica)

Il primo sciopero di Amazon (Imagoeconomica)

Amazon si è (quasi) fermata per un giorno. Si tratta del primo sciopero in Italia (o addirittura nel mondo) che ha coinvolto tutta la filiera del colosso delle spedizioni online, dai lavoratori dei grandi hub logistici agli autisti delle consegne. Lo stop arriva dopo che l’azienda ha fatto saltare il tavolo delle trattative sul contratto integrativo. Ma Cgil, Cisl e Uil – che hanno organizzato presidi davanti alle sedi Amazon in tutto il Paese, tra gli slogan: "siamo uomini, non robot" – puntano il dito sull’aumento esponenziale degli acquisti on line (e, di conseguenza, dei profitti di Jeff Bezos) che, di fatto, crea picchi di lavoro tutti i giorni. Per soddisfarli, i lavoratori sarebbero sottoposti a turni massacranti, ’ritmati’ da un algoritmo. Ed è questo che rende la fermata un fatto inedito per la gig economy, un modello di business che, in tutto il globo e al di là della singola azienda, non ha saputo far altro che crescere, senza preoccuparsi troppo delle ricadute sui lavoratori. Solita guerra di cifre sulla riuscita: per i sindacati l’adesione media è del 75%, con picchi del 100% in alcuni turni, per Amazon è stata inferiore al 10% per i dipendenti e al 20% per gli autisti. Due realtà difficilmente conciliabili.

I numeri

Quante persone lavorano oggi per Amazon nel nostro Paese? Attorno alle 40mila unità, calcolano i sindacati, con inquadramenti contrattuali diversi a seconda della mansione, una vera e propria giungla. Sul versante della movimentazione pacchi oltre 9mila, spiega Danilo Morini, che porta avanti la trattativa per la Filt-Cgil, sono nei 6 grandi hub nostrani e nelle delivery station, sono dipendenti diretti del colosso; altri 10mila interinali che venivano usati durante i picchi, "e oggi lavorano praticamente tutti i giorni"; un altro migliaio che movimenta i pacchi per società in appalto, in alcune realtà regionali più piccole, "dove è quasi tutto personale esterno". Dal lato consegne, vanno poi aggiunti 16mila driver esterni, che lavorano per 90 aziende monocommittenti per Amazon; infine vanno calcolati altri 2-3.000 autisti che consegnano la parte di pacchi affidata a Poste Italiane, Sda, e le altre grandi società Dhl, Ups, Tnt, Gls.

Dietro a un click

La forza di Amazon è che basta un click e il pacco arriva a casa anche in 24 ore. Una macchina oliata che ha dietro le spalle un mondo complesso. Cosa succede quando acquistiamo un oggetto? "Dipende dove si trova il materiale al momento dell’ordine – racconta Morini –. Può essere spedito da una società terza e poi ‘girato’ al cliente in una delivery station a 20-30 chilometri da dove è arrivata la richiesta. O, se è già in magazzino, viene mandato dai 6 grandi hub italiani nelle delivery station: quando arriva il furgone, all’autista viene data una borsa con tutti i pacchi da consegnare".

Condizioni di lavoro

Le ore sono quelle stabilite dal contratto, ammettono i sindacati, "ma, per quanto riguarda gli addetti all’impacchettamento, c’è un controllo asfissiante, si contano i pezzi confezionati dal singolo lavoratore e si chiede di migliorare il ritmo" osserva Morini. Ma non movimentavano ormai tutto i robot? "Nel centro in Piemonte ti portano il pacco vicino ai piedi, ma in altri ti fai 20 chilometri al giorno a piedi in 8 ore". I driver che consegnano "inseguendo l’algoritmo", invece, dal canto loro si fanno 9 ore circa sul camion, con 180-200 fermate nell’arco di una giornata. "Numeri che vanno oltre il sostenibile, soprattutto a lungo termine. – aggiunge Marco Odone, segretario nazionale Uiltrasporti –. Poteva starci se si fosse trattato di un periodo di picco, ma negli ultimi mesi i carichi sono aumentati". Infine ci sono "i troppi somministrati e gli interinali", per i quali i sindacati chiedono la stabilizzazione, così come si vogliono tutele per gli autisti in caso di cambio di fornitore per le consegne.

Gli stipendi

La retribuzione netta di un magazziniere che inizia va dai 1.100-1.200 euro netti mensili, mentre per i driver siamo attorno ai 1.500-1.700. "Ma è soprattutto una questione di una miglior conciliazione del tempo di vita con quello del lavoro, un tema che tocca anche la sicurezza – osserva Morini –. Ora il ruolo delle istituzioni può diventare fondamentale per trattare con Amazon".

L’azienda risponde

Il colosso ha risposto con una lettera ai consumatori firmata dalla country manager Mariangela Marseglia in cui si sottolinea "la priorità dei diritti dei lavoratori nostri e dei fornitori". Più specificatamente, Amazon conferma il rispetto dei contratti nazionali nei salari e negli orari (comprese le 44 ore settimanali degli autisti dei fornitori, coi quali "siamo a stretto contatto") e nell’ambiente di lavoro "sicuro e tecnologicamente avanzato". Infine garantisce "l’assoluta libertà di aderire al sindacato o meno, senza timore di pressioni o ritorsioni".

I consumatori

Anche da parte delle associazioni, il ’boicottaggio’ per un giorno degli ordini su Amazon chiesto dai sindacati è stato appoggiato. Il Codacons, addirittura, ha chiesto di estenderlo a tutta l’e-commerce, in difesa dei piccoli negozi schiacciati dai colossi.

 

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro