Giovedì 25 Aprile 2024

Prezzo dei cereali: mais a livelli record. A rischio chiusura un'azienda agricola su dieci

L'allarme di Coldiretti: settore primario italiano in pericolo per il combinato disposto fra siccità ed effetto guerra in Ucraina

Agricoltura e settore alimentare tremano per l'aumento dei prezzi dei cereali, connesso al prolungarsi delle ostilità in Ucraina. L'analisi della Coldiretti, effettuata sulla base dei più recenti prezzi di scambio al Chicago Board of Trade, parla chiaro. Sono aumentate le quotazioni di tutti i prodotti, con le tariffe per il mais che hanno raggiunto picchi mai toccati. Una situazione che, anche nel futuro prossimo, avrà numerosi contraccolpi sui bilanci della aziende, anche in Italia.

I prezzi

Il mais, innanzitutto. L'Ucraina è fra i produttori principali di uno dei cereali più utilizzati sul mercato, seconda solo agli Stati Uniti. L'Italia non è fra le prime importatrici di granoturco, fondamentale per l'alimentazione degli animali da allevamento, da Kiev, ma resta comunque una fonte di approvvigionamento importante. A Chicago è stato superato il prezzo di 8 dollari per bushel (unità di misura pari ai 27,2 chili). Su il prezzo anche per riso, grano e soia. 

Le ricadute sulle aziende italiane

La situazione, sottolineano da Coldiretti, "provoca inflazione, mancanza di alcuni prodotti e aumenta l'area dell'indigenza alimentare ma anche gravi difficoltà economiche per le imprese con più di 1 azienda agricola su 10 (11%) che in Italia è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell'attività ma ben circa un terzo del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell'aumento dei costi".

Nelle campagne si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15.700 euro in media, ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli. A essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali dei costi correnti sono le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell'esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l'incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato.

Effetto del micidiale combinato disposto fra siccità e aumento record dei costi di produzione provocato dalla guerra in Ucraina è anche la crisi delle semine di riso, unico settore cerealicolo in cui l'Italia è più che autosufficiente, con produzione anche di eccellente qualità. Secondo Coldiretti le semine potrebbero essere tagliate di oltre 3.000 ettari, in un comparto con 227mila ettari coltivati e 3.700 aziende agricole che raccolgono 1,5 milioni di tonnellate di risone all'anno, oltre il 50% dell'intera produzione dell'Unione. 

Ancora più complicata la situazione per quanto riguarda il grano: l'Italia, infatti, produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l'alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell'orzo.

Il mais e il caso compensi

"L'Italia - afferma il presidente della Coldiretti nazionale Ettore Prandini - è costretta a importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi un terzo la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati". Da qui l'appello alla politica per un intervento che contenga il caro energia e i costi di produzione con misure immediate così da salvare aziende e stalle e provvedimenti strutturali che consentano di programmare il futuro.