Il caro gasolio ferma i pescatori. "Scioperiamo per una settimana"

Le navi non usciranno in mare, avremo meno pesce a tavola. Mercoledì incontro al ministero: il governo ci aiuti

Protesta dei pescatori per il caro gasolio: avremo meno pesce in tavola

Protesta dei pescatori per il caro gasolio: avremo meno pesce in tavola

I pescherecci si fermano e sulle nostre tavole difficilmente si mangerà pesce per almeno una settimana. Già la notte scorsa le barche da pesca delle marinerie italiane non sono uscite dai porti e non lo faranno fino al prossimo lunedì, a causa del gasolio alle stelle. Una decisione, firmata dall’Associazione produttori Pesca, presa in assemblea a Civitanova Marche e sottoscritta dai rappresentanti dell’80% delle marinerie italiane: "Sciopero generale per tutti - spiegano gli addetti ai lavori -. Il caro gasolio non permette più di sostenere l’attività di pesca e il comparto ha deciso di fermarsi". Una situazione emergenziale - il prezzo medio del gasolio per la pesca è raddoppiato rispetto allo scorso anno - che spinge i rappresentanti del settore a cercare un aiuto concreto da parte del governo: "Mercoledì le associazioni di categoria saranno a Roma - ha spiegato Apollinare Lazzari, presidente dell’Associazione produttori pesca di Ancona - per un incontro al Ministero". Obiettivo, "far entrare il comparto della pesca tra quelli che vedranno un sostegno nel prossimo decreto".

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L’unica alternativa a un ristoro economico, sostengono i pescatori, è restare agli ormeggi. Senza aiuti, "continueremo a stare in terra. Così, non possiamo più lavorare: i costi superano di gran lunga i guadagni". Negli uffici delle Capitanerie di Porto verranno consegnati i documenti delle imbarcazioni senza sbarcare i marinai: un modo, secondo gli armatori, per preservare lo stipendio dei dipendenti.

Ma il quadro, con l’invasione russa in Ucraina che ha rincarato la dose della crisi post Covid, si è fatto ancora più preoccupante. Il prezzo medio del gasolio per la pesca, con l’aumento record tra il 90 e il 100 per cento rispetto allo scorso anno, ha costretto i pescherecci italiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite. Con conseguente maggior ricorso alle importazioni di pesce. E’ la fotografia che emerge da uno studio di Coldiretti Impresapesca. Fino ad oltre la metà dei costi delle aziende ittiche è rappresentata proprio dal carburante, sottolineano dalla Coldiretti, e con gli attuali ricavi la maggior parte delle imprese non riesce a coprire nemmeno le altre voci per la normale attività. Un danno per un settore che conta 12 mila imprese e 28 mila lavoratori, con un vasto indotto collegato.

Ma la crisi energetica, spiega la Coldiretti, aggrava una situazione resa già difficile dalle norme Ue che hanno portato ad una riduzione delle attività di pesca dal 1 gennaio scorso a poco più di 120 giorni o 130 giorni in base alle dimensioni delle imbarcazioni. Di conseguenza, nel 2021 le importazioni sono aumentate del 25 per cento. Ogni imbarcazione da pesca, del resto, subirà un aumento di circa 37.000 euro con il rischio, in molti casi, di dovere restare ferma in porto. L’allarme arriva da Unimpresa Pesca e Blue Economy in un documento sul caro-gasolio. Il presidente di Unimpresa Pesca e Blue Economy, Orazio Saracino, spiega che "alcune barche hanno deciso di fermarsi perché non riescono a pagare gli stipendi". I pescatori, sul lastrico, "stanno decidendo di fermare le barche o di puntare agli scioperi".