Perché il prezzo della benzina continua a salire nonostante il taglio delle accise

Non solo embargo: verde di nuovo vicina ai 2 euro. La sottosegretaria Guerra: "Pronti ad agire sulle accise"

Roma, 1 giugno 2022 - Non si ferma la corsa dei carburanti. Anche oggi il prezzo della benzina in Italia fa segnare forti rialzi, dopo quelli registrati ieri, con la verde che in modalità selfie sale oltre 1,9 euro, sfondando i 2 euro nel servito. Rincari che non si vedevano dai tempi pre-bonus, prima che il governo intervenisse per calmierare i listini tagliando le accise. E proprio la sottosegretaria all'Economia Maria Cecilia Guerra ha definito stamane "molto probabile" una nuova azione dell'esecutivo. "Banalmente l'aumento dei prezzi fa anche aumentare il gettito dell'Iva - ha detto a Rainews 24 -, che non vogliamo mettere nelle casse dello Stato, ma lo utilizziamo per abbassare le accise e tenere calmierato il prezzo". Diverse le ragioni che hanno portato a un nuovo decollo delle quotazioni, proviamo ad analizzarle nel dettaglio.

I prezzi dei carburanti alla stazione di servizio
I prezzi dei carburanti alla stazione di servizio

Sommario

Prezzi benzina e diesel oggi

L'elaborazione di Quotidiano Energia sui dati comunicati dai gestori all'Osservaprezzi del Mise, aggiornati alle 8 di ieri 31 maggio, è inequivocabile: il prezzo medio nazionale praticato della benzina in modalità self è arrivato e a 1,914 euro/litro (valore precedente 1,902). Il diesel self si porta a 1,831 euro/litro (da 1,821). Quanto al servito, per la benzina il prezzo medio aumenta a 2,049 (da 2,037), il diesel servito sale a 1,973 (da 1,963). I prezzi praticati del Gpl vanno da 0,837 a 0,851 euro/litro (no logo 0,824). Infine, il prezzo medio del metano auto si colloca tra 1,725 e 1,924 (no logo 1,785).

L'embargo sul petrolio russo

Tra i fattori scatenanti dei nuovi aumenti dei carburanti c'è sicuramente l'accordo raggiunto al Consiglio europeo sull'embargo al petrolio russo. Lo stop all'importazione di greggio via mare entro fine anno (con le deroghe per alcuni Paesi tra cui l'Ungheria) ha avuto come primo effetto quello di generare turbolenza sui mercati. Il Wti sul petrolio ha sfiorato i 120 dollari al barile, chiudendo poi a 117,7 (+2,2%). Perché i prezzi sono aumentati già oggi se l'embargo, di fatto, scatterà a fine 2022? Semplice, i mercati si muovono sulle aspettative e stanno già ora scontando i prezzi attesi. A incidere, di riflesso, anche la contromossa della Russia di tagliare le forniture di gas ad alcuni stati europei, in ultimo Olanda e Danimarca. Negli aumenti c'è sicuramente anche una quota speculativa, difficile da quantificare. 

Il fattore Cina

Un grande nodo sulla domanda di petrolio, e di conseguenza sui prezzi, è legato alla Cina. L'economia di Pechino è un motore di cilindrata spropositata che, con il lockdown nell'area di Shanghai, ha girato a ritmi ridotti. Ergo, ha avuto meno bisogno di carburanti e quindi le quotazione si sono raffreddate. Nuove serrate causa Covid potrebbero agire nuovamente sui prezzi, abbassandoli. Ma se la Cina non dovesse più ricorrere ai lockdown (Shangahi sta riaprendo, ma il ritorno alla normalità è lontano) ecco che l'improvviso aumento della domanda rischierebbe di spingere le quotazioni ulteriormente all'insù. 

Le mosse dell'Opec

Il destino delle quotazioni è appeso alle decisioni dell'Opec+ che si incontra domani. L'organizzazione, che riunisce i maggiori esportatori di petrolio, è pronta a respingere le richieste occidentali di accelerare gli aumenti della produzione. Secondo fonti Reuters, il cartello e i partner si atterranno ai piani esistenti per aumentare l'obiettivo di produzione di luglio di 432.000 barili al giorno. Dell'Opec+ fa parte anche la Russia: secondo il Wall Street Journal alcuni membri dell'Organizzazione stanno valutando l'ipotesi di sospendere Mosca dalla partecipazione all'accordo sulla produzione di petrolio. Una scelta 'politica' spinta dalle sanzioni occidentali che iniziano a compromettere la capacità della Russia di pompare di più. L'esenzione di Mosca dai suoi obiettivi di produzione di greggio potrebbe aprire la strada all'Arabia Saudita, agli Emirati Arabi Uniti e ad altri Paesi Opec per pomparne una quantità significativamente maggiore.