Quanto costa il Pos e quali sono le commissioni sui pagamenti

A quanto ammontano gli esborsi per i commercianti nel possedere e utilizzare il Pos? Proviamo a fare chiarezza

Correva l'anno 2012 quando il Governo Monti introdusse per la prima volta in Italia (DL 179/2012, art. 15, comma 4) l'obbligo di mettere il Pos a disposizione della clientela della maggior parte degli esercenti italiani, anche se solo su richiesta del cliente. E da allora, al netto dello spostamento in avanti (al 2014) dell'attuazione della norma, delle successive deroghe a benzinai, tabaccai e professionisti che non si rivolgono direttamente al consumatore e di fughe all'indietro e in avanti sul tema da parte degli esecutivi che si sono succeduti, le polemiche in materia sono state all'ordine del giorno.

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Sommario

Cosa significa Pos

Già, perché il medio esercente italiano, a torto o a ragione, spesso vede nel Pos (acronimo inglese di Point of sale, punto di vendita) un immotivato costo aggiuntivo che intacca i propri margini di guadagno o, peggio, un favore 'indebito' fatto dagli amministratori alla galassia delle banche. Che dai pagamenti così perfezionati traggono una commissione, così come la traggono dai pagamenti effettuati tramite altri strumenti digitali, come le prepagate o le carte di credito e debito.

Il nodo 60 euro

Sia come sia, oggi ci troviamo più o meno al punto di partenza, con la norma inserita nella nuova legge di bilancio a firma del Governo Meloni che, cancellando di fatto l'obbligo per commercianti e professionisti di accettare carte e bancomat per qualsiasi importo al di sotto dei 60 euro, ha finito per generare polemiche di segno opposto.

Facendo gridare le opposizioni all'incentivo all'evasione fiscale (anche perché, secondo uno studio del Politecnico di Milano relativo ai primi sei mesi del 2021, ben l'80,7% delle transazioni su base nazionale sarebbero inferiori a tale importo). E costringendo la premier, oggi, a una parziale retromarcia a mezzo Facebook, con Giorgia Meloni che ha puntualizzato come la soglia di 60 euro sia solo “indicativa” e come per lei “possa essere anche più bassa”.

I costi del Pos

Ma la domanda delle cento pistole è una, divisa in due parti: quanto costa davvero possedere e utilizzare un Pos? Innanzitutto ci sono i costi fissi relativi all'acquisto del 'device', diversi a seconda dell'operatore al quale ci si rivolge e al tipo di offerta che si sceglie.

Intesa Sanpaolo, ad esempio, applica un canone mensile di 18 euro a chi acquisti un Pos della gamma 'Nexi SmartPos' entro la fine dell'anno, mentre Unicredit, fino al 30 giugno scorso, consentiva di usufruire di zero costi di attivazione e di un canone mensile di 2,90 euro fino al 31 dicembre 2023.

Nexi, ancora, ad oggi mette a disposizione uno Smart Pos da 14,99 euro al mese, mentre Poste Italiane offre, da un lato, un Pos mobile a 59,90 euro + Iva e, dall'altro, un Pos fisico a partire da 9,90 euro al mese. E, infine, aziende come SumUp propongono Pos a costi una tantum variabili fra 29,99 e 149,99 euro, rinunciando ai canoni mensili.

Le commissioni

Soluzioni diverse, dunque, ma il nodo da sciogliere non sta tanto nei costi iniziali, bensì, chiaramente, in quelli delle commissioni legate all'uso dei Pos. E, anche qui, le differenze fra operatore e operatore sono tante e legate ai più diversi fattori. Fra commissioni fisse, limiti sotto ai quali interviene la gratuità, limiti sopra ai quali intervengono sconti e varie promozioni a tempo determinato.

Ma, in generale, la media delle richieste degli operatori che gestiscono le reti di pagamento si può individuare fra lo 0,9% e l'1,9% del valore della transazione effettuata. Ossia, nel caso mediano di una commissione dell'1,5%, in 75 centesimi ogni 50 euro di incasso. Questo al netto di agevolazioni come quella relativa alla richiesta di un credito d'imposta del 30% sulle commissioni legate ai pagamenti elettronici per chi ha ricavi meno di 400mila euro all'anno. Ma tutto, in tempi di redazione di una nuova legge di bilancio, potrebbe cambiare presto. In un senso o nell'altro.