Polizze sanitarie, un pilastro per la salute

Marco Vecchietti, ad e direttore generale di Intesa Sanpaolo RBM Salute: garantire i servizi a integrazione del sistema di cura nazionale

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di Achille Perego

Le polizze sanitarie (collettive e individuali) hanno sempre rappresentato un valore aggiunto – confermato ed emerso ancora di più con la pandemia da Covid 19 – non solo a livello sanitario come sostegno al Servizio sanitario nazionale ma anche a livello sociale. Un ruolo, quello del Secondo pilastro sanitario, che dal 2007 (anno della sua nascita) svolge Intesa Sanpaolo RBM Salute. La compagnia, leader del mercato delle polizze collettive per Fondi sanitari e aziende (con una quota del 18% del mercato nel 2019, anno in cui la raccolta premi ha toccato i 577 milioni e l’utile netto circa 45 con 4,5 milioni di assicurati) che lo scorso maggio è entrata a far parte del gruppo Intesa Sanpaolo Vita con il nuovo brand.

Un’operazione che ha confermato la strategia di Intesa Sanpaolo di essere, da prima banca italiana, anche protagonista del mercato assicurativo. Ma anche, rafforzandolo, l’obiettivo, fin dall’inizio al centro dell’azione di RBM, di "garantire a tutti i cittadini una migliore tutela della salute attraverso un Secondo pilastro sanitario, che assicuri le cure pagate di tasca propria e integri armonicamente i Livelli essenziali di assistenza erogati dal Ssn", spiega l’ad e dg di Intesa Sanpaolo RBM Salute, Marco Vecchietti. In Italia, come è emerso dal IX rapporto RBM-Censis, c’è "un’emergenza sanitaria" da affrontare: la sostenibilità economica e sociale del Sistema sanitario che richiede l’adozione di "misure strutturali". Del resto, ricorda Vecchietti, i bisogni di cura dei cittadini sono cambiati. La spesa sanitaria privata è ormai da un decennio una realtà nel Sistema sanitario italiano e l’utilizzo di questa componente è indispensabile. I sistemi pubblici fortemente impegnati nel contrasto al Covid-19, inoltre, non possono contemporaneamente difendere il confine della cronicità.

È anche per questo che le policy sanitarie, ad iniziare da quelle di Paesi come l’Italia a forte pilastro sanitario pubblico, dovrebbero imboccare con determinazione la strada della diversificazione delle fonti di finanziamento della sanità. La sinergia tra pubblico e privato, con il contributo determinante delle assicurazioni sanitarie, può liberare importanti risorse aggiuntive per il sistema sanitario. In base al proprio stato di salute e all’età, ha dimostrato il IX Rapporto RBM-Censis, cresce la necessità di pagare di tasca propria le cure e aumentano le disuguaglianze sia a livello territoriale sia di reddito con l’incremento tra anziani e famiglie fragili delle rinunce alle terapie e il passaggio, dal 10,5 al 27,1%, della quota di chi per sostenere la spesa deve ricorrere a prestiti e credito al consumo.

Una problematica che riguarda anche e soprattutto le cure odontoiatriche dove, senza un fondo sanitario, la spesa privata a carico di un cittadino è addirittura dell’81,3% rispetto al 37,3% dell’assicurato che aderisce a un fondo sanitario. I benefici che un gruppo d’acquisto come quello del mercato assicurativo sta garantendo alle persone attraverso la contrapposizione con i dentisti, che essendo l’unica categoria medica al di fuori del Ssn, da sempre hanno agito come pricemaker privati non accettando alcun collegamento ai tariffari, sono rilevanti.

Basti pensare, ricorda Vecchietti, al Fondo ASDEP (dipendenti enti pubblici), al Fondo WILA (dipendenti imprese artigiane lombarde) o a PMI Salute (dipendenti piccola e media impresa metalmeccanica). Nel primo caso, a fronte di un premio annuo di 300 euro per assicurare tutto il nucleo familiare (fiscalmente a carico) viene garantita una copertura di 1.000 euro annue delle spese per gli apparecchi dei figli minori, acquistate cumulativamente dai dentisti convenzionati con il network a 1200 euro invece del prezzo medio di mercato di 2000 euro. Nel secondo, a fronte di un premio di 60 euro pro capite viene garantita una copertura per le spese finalizzate all’acquisto dell’apparecchio per i minori di 1.000 euro ogni 3 anni. Infine, nel caso di PMI Salute, a fronte di un premio di 120 euro pro capite, l’assicurato riceve un contributo di 300 euro. Un importante aiuto economico, quindi, a fronte di costi decisamente contenuti per spese che nella maggior parte dei casi rischiano di mettere in grave difficoltà le famiglie.

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