Martedì 16 Aprile 2024

Salvini perde la cassa del Pnrr. E anche sui porti teme il sorpasso

Il ministro delle Infrastrutture dovrà vedersela con Musumeci, titolare del neo dicastero del mare. Non gestirà i 25 miliardi per le grandi opere. Meloni lo ridimensiona e gli preferisce il fedelissimo Fitto

Roma, 22 ottobre 2022 - Matteo Salvini aveva studiato con attenzione l’alternativa al Viminale, il cosiddetto Piano B. Con l’obiettivo, scontato, di riprendersi la scena e tornare alla tradizionale strategia della Lega "di lotta e di governo", la stessa che, dalla poltrona di ministro dell’Interno, aveva portato il partito a sfiorare il 35% alle Europee. Il ministero delle Infrastrutture, infatti, aveva tutte le carte in regola per diventare una sorta di trampolino per il rilancio del "capitano". È dal dicastero di piazzale Porta Pia che passa uno dei treni più ricchi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, una dote di circa 25 miliardi di euro che dovrebbero diventare un volano per l’economia. Un modo per strizzare l’occhio agli imprenditori del Nord. In più, sempre nel portafoglio di Salvini, c’è la vigilanza non solo sulla concessioni ma soprattutto sugli appalti di Rfi e Anas. Insomma, un centro di potere che non è passato inosservato e che Georgia Meloni ha cercato, quando meno, di ridimensionare.

Matteo Salvini (Ansa)
Matteo Salvini (Ansa)

Consegnando nelle mani di Raffaele Fitto non solo la delega degli Affari Europei ma anche quella, ben più pesante in termini di business, del Pnrr. Una mossa che ha colto Salvini in contropiede. Certo, non sarà facile smontare l’attuale impianto del Piano nazionale, già approvato dalla Commissione europea. Il paradosso, però, è che la "cassa" potrebbe essere spostata nelle mani di Fitto. La regia degli interventi, insomma, non sarebbe più nelle mani del Capitano. Un brutto colpo anche perché si sussurra che Salvini aveva già pensato di organizzare un road show proprio sul Pnrr per trasformarsi nel "signor sì" delle grandi opere dopo la lunga stagione dei veti. Ora, probabilmente, il piano di comunicazione dovrebbe essere per lo meno rivisto.

Ma c’è anche un altro capitolo non meno importante che sta a cuore al numero uno del Carroccio: la delega su porti e Capitanerie. Un settore, questo, che dovrebbe "riempire le vele" al nuovo dicastero del Mare nelle mani di Musumeci ma che, almeno per ora, è rimasto a Piazzale di Porta Pia. L’operazione Pnrr in questo caso era difficile da replicare. Se non altro perché, prima di ogni altra cosa, si dovrebbe cambiare il codice della navigazione che, all’articolo 33, affida proprio al ministero dei Trasporti il controllo e la vigilanza sugli scali. Un potere non secondario, soprattutto in chiave anti-sbarchi.

Dalla tolda di comando del ministero delle Infrastrutture, Salvini potrebbe infatti di nuovo sbarrare la strada alle navi ong che raccolgono migranti in mare. E, questa volta, non dovrebbe neanche chiedere il permesso a qualche suo collega di governo, come avvenne nel primo esecutivo gialloverde quando alla guida del ministero dei Trasporti c’era il grillino Danilo Toninelli. Per cambiare il codice, naturalmente, ci potrà essere tempo e modo. Ma la strada da percorrere resta in salita. Ma Musumeci, oltre ad essere ministro del Mare, ha in tasca anche la delega per il Sud. E, su questo fronte, dovrà incrociare le sue decisioni con quelle di Fitto che, oltre al Pnrr, ha anche il coordinamento delle politiche di coesione, ovvero, della ricca dote di fondi strutturali che sono destinati al Mezzogiorno. Un groviglio di poteri e di competenze, insomma, che potrebbe creare più di un problema a Giorgia Meloni.