Mercoledì 24 Aprile 2024

Pnrr e investimenti, ma non solo pubblici. All'estero cresce la fiducia sull'Italia

Nonostante i problemi di debito pubblico e dipendenza dal gas russo, gli strategist delle case d’investimento non suonano il campanello d’allarme sulle prospettive del Paese e puntano ad aumentare gli ingressi economici diretti

Larry Fink

Larry Fink

Milano, 6 ottobre 2022 - “Ottimismo con cautela". È l’espressione usata da Larry Fink, fondatore e ceo del gruppo americano BlackRock, che di recente ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, dove ha parlato delle prospettive dell’economia italiana. Per Fink il nostro Paese ha le spalle robuste, visto che a Sud delle Alpi l’economia cresce più che in Germania e il sistema bancario è tornato in salute, dopo anni di ristrutturazioni che hanno spazzato via una montagna crediti sofferenti. E se lo dice il fondatore di BlackRock, che è il più grande gestore di fondi d’investimento al mondo con un patrimonio di circa 9mila miliardi di dollari, c’è da credere che questo ottimismo abbia una più di una ragion d’essere. E c’è da credere pure che, almeno agli occhi comunità finanziaria internazionale, l’Italia non sia più quel malato d’Europa descritto nel decennio scorso dalla stampa britannica. Anzi, le cronache finanziarie più recenti spingono a pensare che il malato d’Europa sia oggi proprio Oltremanica, dove l’inflazione rischia di andare alle stelle e la sterlina ha subito da poco un crollo vertiginoso sui mercati valutari.

Nessun campanello d'allarme

Certo, l’Italia ha ancora molti punti deboli, a cominciare dall’alto debito pubblico e dalla sua dipendenza energetica dal gas russo, che non fa ben sperare per l’inverno. Tuttavia, anche dopo l’esito delle ultime elezioni e l’addio a Palazzo di una personalità riconosciuta come Mario Draghi, gli strategist delle case d’investimento si sono ben guardati dal suonare il campanello d’allarme sulle prospettive del Belpaese. Alessandro Tentori, capo degli investimenti della società di gestione del risparmio Axa IM, sottolinea come il Pnrr (il piano di ripresa e resilienza messo in cantiere dopo la pandemia del Covid-19) ha ormai tracciato un solco per la nostra economia da cui sarà difficile uscire, chiunque guiderà il governo di Roma. “Alla luce del programma NextGeneration EU, nessun partito ha un incentivo a disturbare il flusso di fondi previsto dal finanziamento del Pnrr”, dice Tentori, che aggiunge: “Non a caso, i toni su temi come l’immigrazione e la moneta unica sono stati molto pacati, in particolare rispetto alle scorse elezioni”.

Dello stesso parere è Sebastian Vismara, economista e strategist della casa d’investimenti internazionale Bny Mellon IM, che dice: “Nonostante l’opposizione ad alcune delle riforme del Pnrr da parte dei partiti della coalizione, il nuovo governo probabilmente non sarà in grado di rinviare o alterare in modo significativo le riforme strutturali pianificate”. Non suona l’allarme neppure Kevin Thozet, membro del comitato di investimenti della casa di gestione francese, Carmignac. “Quest’estate la crescita economica italiana si è rivelata resiliente”, dice Thozet, aggiungendo che “il Paese dovrebbe ottenere quasi 200 miliardi di euro nel quadro del piano di ripresa e resilienza della Commissione Europea, pari al 10% del Pil, ricevendo circa 20 miliardi di euro con cadenza semestrale”.

Una montagna di soldi dall'estero

Se non uscirà dai binari degli ultimi anni, insomma, l’Italia sarà ancora destinataria di una gran mole di investimenti pubblici. Il che non lascia certo indifferente la business community internazionale che, nella finanza come nell’industria, ha già puntato da tempo i radar verso la Penisola. A testimoniarlo è per esempio l’ultima rilevazione della multinazionale della consulenza EY sugli investimenti diretti esteri (Ide) nel nostro Paese. Quest’ultimi, secondo il report intitolato EY Europe Attractiveness Survey 2022, sono cresciuti lo scorso anno dell’83% rispetto ai 12 mesi precedenti, riportando l’Italia tra i primi 10 paesi europei destinatari di investimenti esteri dopo molti anni di assenza dalla top 10. “Siamo sulla buona strada, ma è fondamentale che governo, aziende e persone continuino a lavorare in sinergia per mantenere la fiducia e la credibilità del Paese, anche grazie ai fondi del Pnrr”, ha detto commentando i dati Massimo Antonelli, n.1 in Italia di EY e chief operating officer per l’area dell’Europa Occidentale.

Impronta green

L’indagine di EY colloca inoltre l’Italia al quarto posto tra i paesi europei che saranno in grado di attrarre quote crescenti di investimenti esteri a partire dal 2022 e nei prossimi anni. Fra i settori più appetibili, ci sono le attività digitali ma anche e soprattutto l’energia e transizione ecologica e l’agroalimentare. Gli investitori che hanno puntato i radar verso la Penisola hanno dunque spesso un approccio green. Non a caso, nella già citata intervista al Corriere, il n.1 di BlackRock Fink ha sottolineato che il suo gruppo avrebbe “enormi bacini di capitale” per costruire campi di pannelli fotovoltaici in tutto il nostro Paese.

L'avvertimento di Moody's

Il tema della transizione energetica comincia a interessare il mondo del private equity e del venture capital, cioè i fondi che acquistano partecipazioni in aziende non quotate o ancora in fase di crescita e che, nella prima metà del 2022, nonostante il difficile scenario internazionale, hanno investito in Italia oltre 10 miliardi di euro (+139% in un anno), il record assoluto su base semestrale, secondo i dati dell’associazione di categoria Aifi e della società di Consulenza Pwc. Sperando che il nostro Paese non perda l’attrattività dimostrata finora, non si può tuttavia ignorare però il monito giunto nei giorni scorsi dall’agenzia di rating statunitense Moody’s, che giudica l’affidabilità del debito degli stati. In caso di mancate riforme per l’attivazione dei fondi del Pnrr, Moody’s non esclude infatti un declassamento del rating sui nostri Buoni del Tesoro, attualmente classificati al livello Baa3, l’ultimo gradino che separa i titoli di qualità dai cosiddetti “bond spazzatura”. Anche se l’Italia non è più il malato d’Europa, insomma, il credito della comunità finanziaria non è senza condizioni.